A.A. aveva 57 anni. Il 5 giugno scorso in contrada Bocca di Cane, a Sarnano (Marche), è entrato nella cantina della sua casa, che aveva dovuto lasciare per via del terremoto che fra agosto e ottobre 2016 ha colpito il Centro-Italia, devastandolo, e si è tolto la vita stringendosi una corda intorno al collo. In un biglietto, l’uomo ha indicato proprio il sisma e la neve, che a gennaio di quest’anno ha messo ancor più in ginocchio un territorio già martoriato, come cause dell’estremo gesto. Ma A.A. purtroppo non è l’unico. Prima di lui era toccato a un muratore di 62 anni di Collecreta di Amatrice (Rieti), che soffriva da alcuni anni di depressione cronica peggiorata proprio dopo il terremoto. L’ultimo caso in ordine di tempo, 8 quelli totali nell’area del cratere, è invece datato 25 ottobre 2017, quando a Colmurano, sempre nelle Marche, un 79enne è tornato nella propria abitazione lesionata dalle scosse e si è impiccato a un albero del giardino. Stesso identico motivo: la depressione post-sisma. “Anche molti ‘tra i vivi’ sono già morti, perché il terremoto ti uccide pure se resti in piedi”, confidano amareggiati alcuni sopravvissuti. E uccide soprattutto perché, denunciano pur senza mai perdere calma ed educazione, sul fronte del sostegno psicologico si sentono abbandonati dalle istituzioni. Al punto che molti, con l’aiuto di associazioni e comitati civici, si stanno organizzando da soli. “Stiamo pensando di organizzare un servizio di assistenza psicologica porta a porta”, annuncia a La Notizia Sabrina Fantauzzi, giornalista e fondatrice del comitato Illica Vive.
Prima e dopo – E ricorda: “Avevamo denunciato l’emergenza suicidi già mesi fa al presidente Zingaretti”. Però l’appello è caduto nel vuoto. “Abbiamo trovato un’associazione disponibile da subito con la sua rete di professionisti – dice ancora Fantauzzi –. Visto il peggioramento della situazione dobbiamo muoverci subito. Abbiamo bisogno di volontari, di gente con la quale queste persone, soprattutto gli anziani, possano passare del tempo, anche solo per giocare a carte”. Gesti semplici in una situazione allo stremo. “L’unico strumento che abbiamo sono i social network. Le tivvù ormai hanno derubricato il terremoto, anzi diciamolo proprio: il terremoto non fa più notizia”, conclude caustica. “Qui la gente si ammazza perché non c’è futuro”, dice invece con voce ferma Roberta Paoloni di Accumoli. “All’inizio, quando siamo stati trasferiti in albergo a San Benedetto del Tronto, una qualche forma di sostegno psicologico l’abbiamo avuta grazie ai volontari di una onlus, ed è stato un fatto positivo per noi”. Poi però la cosa è andata scemando. “Dobbiamo ringraziare che c’è rimasta la vita, certo, però intorno c’è stato tagliato tutto, tutto… Le persone sono molto cambiate, viviamo con la paura addosso – racconta –. Siamo stati lasciati in balia di noi stessi, non riceviamo informazioni e non lavoriamo, nelle Sae (Soluzioni abitative d’emergenza, ndr) nelle quali viviamo entra acqua dalle finestre e non possiamo nemmeno accendere la lavatrice perché il pavimento trema. Ci hanno tolto la dignità”.
In questi giorni, rivela Trilly, una delle portavoce dei terremotati che vive a Fonte del Campo (Accumoli), “non funziona la televisione perché si è bruciata la centralina esterna che manda il segnale ai Sae. Abbiamo fatto la segnalazione lunedì, ci hanno detto che la pratica si sarebbe attivata entro tre giorni” ma “ne sono passati quattro, domani (venerdì 8 dicembre, ndr) è festa, poi c’è il weekend” e la situazione è rimasta immutata. “Ci sono anziani per i quali l’unico sfogo è proprio la tivvù – spiega Trilly –. Non sanno che fare. Noi siamo qui in mezzo al nulla, davanti a noi abbiamo solo macerie. Pensi, non possiamo chiamare nemmeno nostri tecnici: non essendo strutture di nostra proprietà, dobbiamo necessariamente passare per la Protezione Civile…”.
Tentativi vani – “Il problema”, dice Elvira Mazzarella, membro del comitato Illica Vive, “è che ad Accumoli la Regione ha posizionato un camper in un’area del paese, ma chi è deputato al sostegno psicologico attende che le persone si muovano da casa. Un processo che così non funziona. In più nelle scuole non si sta facendo né supporto né prevenzione in caso di altre scosse. L’ultima volta in Regione abbiamo ribadito che non basta un ufficio o un camper ma che serve una svolta”. Risposta? “‘Prendiamo atto della situazione’. Ma mancano pure i centri ricreativi o aggregativi, i bar. Manca la ricostruzione”. Insomma, una vera e propria emergenza. Come ribadito due giorni fa a Radio Cusano Campus da Francesca Mastrantonio, psicologa e presidente dell’Istituto Integrato di Ricerca e Intervento Strategico di Roma riconosciuto dal Miur, che da luglio è presente sul territorio per coordinare IIRIS – Un fiore per Amatrice: “Se lo Stato non decide di intervenire in maniera incisiva per sostenere un vero e proprio soccorso psicologico rischia di essere tutto vano”. A buon intenditor…
Twitter: @GiorgioVelardi
Articolo pubblicato sull’edizione de La Notizia dell’8 dicembre 2017