La provocazione ha fatto tremare i piani alti di viale Mazzini. “Privatizzare la Rai”, questa il fulmine lanciato dal ministro dello Sviluppo economico, Carlo Calenda, e che ha generato una tempesta nella radio-televisione pubblica. La provocazione, perché di questo si tratta finora visto che l’impossibilità nell’immediato di privatizzare la radio-tv di Stato è ben nota a Calenda stesso, ha rimesso sotto la lente d’ingrandimento un carrozzone pubblico che negli ultimi tempi sta rastrellando una serie di insuccessi uno dopo l’altro. Calenda, intervenendo a Faccia a faccia di Giovanni Minoli, ha messo in discussione il canone che, nel suo modo di vedere, andrebbe distribuito a quelle emittenti che forniscono davvero un servizio pubblico. Quasi a dire che la Rai non sempre riesce in quella che dovrebbe essere la sua mission. “La gente che guarda la televisione interessa avere il prodotto non chi lo offre”, ha affermato Calenda definendo il canone “un sistema vecchio che non funziona più”.
Lo stop immediato è arrivato dal sottosegretario, proprio del suo stesso ministero, Antonello Giacomelli: “Io penso ci sia ancora più bisogno del servizio pubblico e complessivamente del ruolo che la Rai e solo la Rai garantisce”. Lo garantisce ancora? Perché è proprio questo il punto sollevato da Calenda. Di esempi che portano a interrogarsi non mancherebbero, senza discostarsi dai programmi più criticati, e costosi, che nelle ultime settimane sono finiti al centro delle critiche. Da Domenica In, ieri l’altro non andata in onda per fare posto al gran premio di Formula 1 che ha fatto segnare quasi il doppio dello share rispetto al programma delle sorelle Parodi, a Fabio Fazio che ha steso il tappetino al super ospite Silvio Berlusconi non ponendogli domande scomode, non sono mancati gli addetti ai lavori Rai che hanno sollevato obiezioni sul vero senso di servizio pubblico. E che qualcosa non funziona come dovrebbe sembra averlo riconosciuto, finalmente, anche la presidente Rai, Monica Maggioni, che commentando la provocazione di Calenda si è lasciata sfuggire: “Dire che il servizio pubblico è estremamente importante non vuol dire che debba essere uguale a sé stesso per l’eternità. Si può pensare, modernizzare, migliorare, guardare gli altri schemi di servizio pubblico e chiedersi se la sua forma sia quella ideale oppure no. Ma questo non vuole dire in nessun modo metterne in discussione l’esistenza”.
Un colpo al cerchio e uno alla botte. Per non cambiare mai, senza prendere atto che è ora di stringere la cinghia anche dalle parti di viale Mazzini. Soprattutto quando gli investimenti non sono corredati dal raggiungimento dei risultati.