La rivoluzione nel mondo del pallone è solo l’antipasto di altri e più rilevanti cambi di seggiole e poltrone nei Palazzi del potere. Il vento della politica che ha gonfiato le vele della leadership renziana ha cambiato direzione e al di là di come andranno le prossime elezioni grand commis di Stato e manager pubblici sono già tutti in movimento. A orientarli è una visione della stella polare sulla quale ormai sembrano essere tutti d’accordo: il pieno dei voti ai Cinque Stelle servirà solo a farli sedere all’opposizione, mentre il Centrodestra in coalizione arriverà davanti al Centrosinistra frammentato, Berlusconi farà l’accordo con Renzi e l’Italia continuerà a campare. Così da tante parti tornano a mettere il naso fuori quei personaggi “amici” o comunque “non sgraditi” al Cavaliere, costretti a un percorso carsico in questi ultimi anni di occupazione metodica di ogni spiraglio di potere da parte del Pd. Un attivismo che si segnala anche in sedi istituzionali tradizionalmente riservate, come il Consiglio di Stato. Qui prende quota Sergio Santoro, non sgradito al Centrodestra e per questo a suo tempo bruciato come presidente da Mattarella e Renzi, che gli preferirono Pajno, sicuramente più gradito al Centrosinistra. Rumors altrettanto forti arrivano da Poste Italiane, dove la presidente Bianca Maria Farina – di stretta osservanza giannilettiana – si rafforza negli equilibri di forza con l’amministratore delegato Matteo Del Fante. Chi sta decisamente peggio è però il deludente numero uno di Finmeccanica-Leonardo, Alessandro Profumo, che ha già capito di non poter fare un secondo giro sugli elicotteri del colosso pubblico dell’aerospazio. Non a caso stanno già ricicciando alcuni tra i manager vicini all’ex Ad Pier Francesco Guarguaglini.
Chi sale e chi scende – In questi mondi però si “incontrano” dovunque solo due nomi, considerati in forte crescita per molti possibili scenari: l’ex ministro Franco Frattini e l’attuale presidente e amministratore delegato della Consap, Mauro Masi, entrambi da sempre vicini al Cavaliere e a Gianni Letta, ma ben visti – soprattutto Masi – anche dal Pd. Seguendo quest’ultimo nome si arriva d’obbligo alla Rai (Masi ne è stato direttore generale), dove il riposizionamento in scia alla politica è da sempre una scienza esatta. Il direttore generale Mario Orfeo è nella stessa condizione di Profumo. Se il titolo di Finmeccanica ha perso più del 30 per cento in Borsa, sullo share di Viale Mazzini c’è poco da festeggiare, con disastri palesi come Domenica In, una programmazione eternamente piatta, con dinosauri del livello di Bruno Vespa, sempre allo stesso posto da venti anni e per di più rinnovati in deroga al tetto sugli stipendi nelle società controllate dal Ministero del Tesoro. Il problema nella Tv pubblica è però che i dirigenti di prima fascia più vicini al Centrodestra sono stati fatti tutti fuori e chi resta (Antonio Marano, Gianvito Lomaglio, Angelo Mellone) o hanno fatto il loro tempo o sono considerati troppo “leggeri”.
L’inverno dei generali renziani – Dove di leggerezza non si può nemmeno parlare è ancora di più nelle maggiori aziende energetiche del Paese. All’Enel Renzi potrebbe difendere fino alla morte l’amministratore delegato Francesco Starace, ma non certo manager come Carlo Tamburi, nonostanti si tratti del fratello di quel Giovanni Tamburi che guida la società Tamburi e partners, azionista al 20% della Eataly fondata dal renziano Oscar Farinetti e amministrata dall’altrettanto renziano Andrea Guerra (consigliere economico di Palazzo Chigi ai tempi di Matteo premier). Ancora più traballante è Claudio De Scalzi, e per quanto all’Eni sia impensabile un ritorno del disoccupato Paolo Scaroni, cresce la “stella” di Marco Alverà, che si sta facendo bene le ossa alla guida di Snam.