È stato l’attacco di un folle, ma dopo l’attentato a Manhattan il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha annunciato un ulteriore stretta sui controlli per i migranti. Il 29enne di Sayfullo Habibullaevic Saipov, di origini uzbeke, abitante ufficialmente in Florida e in realtà nel New Jersey, possedeva infatti la “Green Card”, cioè il permesso di residenza permanente negli Usa. Questo suo cambio di abitazione era però sfuggito alle autorità e comunque non aveva messo in allarme su una sua possibile adesione al fondamentalismo islamico e a quel che resta dell’Isis. Colpito da un poliziotto dopo aver abbandonato il furgone con il quale ha ucciso 8 persone e ferite altre 12 falciandole su una pista ciclabile, l’uomo gridava infatti “Allah Akhbar”, cioè Allah è grande. Nel mezzo usato pe la strage, non distante dal World Trade Center e il memoriale in omaggio agli attacchi alle Torri Gemelle, è stato inoltre trovato un documento attestante la sua fedeltà al Califfato, nonostante questo sia ormai in rotta ed espulso con le armi persino dalla sua capitale Raqqa.
Adesso a New York e in tutti gli Statui Uniti è l’ora delle domande e dei dubbi sulla sicurezza. Dopo l’11 settembre nessun altro attentato grave aveva colpito la “Grande mela” e le misure di sicurezza sembravano sufficienti a fermare anche i cosiddetti “lupi solitari”, come l’assassino della ciclabile che adesso si trova in gravi condizioni in ospedale. Mentre il Paese celebra davanti alle televisioni Ryan Nash, l’agente eroe che ha affrontato il terrorista nonostante questo avesse nelle mani due armi (in realtà una sparachiodi e una pistola a inchiostro), prevalgono il dolore e la paura. Il dolore è per i cinque amici argentini, turisti nel posto sbagliato, e per le altre vittime. La paura invece riapre la ferita dell’attacco alle torri gemelle, con il carico di morti e l’orrore che nessuno nella città che non dorme mai ha dimenticato.