di Stefano Sansonetti
Una bordata. Talmente pesante e rumorosa da poter sbriciolare anche il muro protettivo eretto in queste settimane dalla Presidenza della Repubblica. Il Pd vuole silurare il Governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco. E basta leggere i contenuti della mozione presentata dai Democratici, poi passata ieri alla Camera, per capire che adesso i margini del numero uno di palazzo Koch sono strettissimi, per non dire inesistenti. L’operazione arriva proprio alla vigilia della scelta del nuovo inquilino dell’Istituto centrale. Nei mesi scorsi molti osservatori avevano data per scontata la conferma di Visco, “forte” dello scudo fornitogli dal Colle. Alla fine, però, sembra aver avuto la meglio la palese ostilità nei suoi confronti di Matteo Renzi, l’ex premier (poi rinominato segretario Pd) che non ha mai perdonato al Governatore la gestione di diverse fasi delle enormi crisi bancarie di questi anni, in primis quella che ha trascinato nel baratro Banca Etruria (dove è stato vicepresidente Pier Luigi Boschi, papà della ministra Maria Elena).
I passaggi – Nella mozione, dai contenuti che più inequivocabili non si può, il Pd impegna il governo “ad adottare ogni iniziativa utile a rafforzare l’efficacia delle attività di vigilanza sul sistema bancario ai fini della tutela del risparmio e della promozione di un maggiore clima di fiducia dei cittadini individuando a tal fine, nell’ambito delle proprie prerogative, la figura più idonea a garantire nuova fiducia nell’Istituto”. E non ci vuole certo una laurea in fisica per capire che, secondo i piani alti del Pd, il profilo più idoneo non può più rispondere al nome di Visco. Ma il documento ci mette anche il carico da novanta. “La nomina dell’attuale governatore”, si legge ancora nell’atto, “risale al novembre del 2011 ed è, pertanto, imminente l’obbligo di procedere al rinnovo della carica che, ai sensi dell’articolo 19, comma 8, della legge 28 dicembre 2005, n.262, è disposta con decreto del presidente della Repubblica, su proposta del presidente del Consiglio dei ministri, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, sentito il parere del Consiglio superiore della Banca d’Italia”. Per questo, puntualizzavano i Dem in una prima versione della mozione, “si tratta di una scelta particolarmente delicata in considerazione del fatto che l’efficacia dell’azione di vigilanza della Banca d’Italia è stata, in questi ultimi anni, messa in dubbio dall’emergere di ripetute e rilevanti situazioni di crisi o di dissesto di banche, che a prescindere dalle ragioni che le hanno originate (sulle quali si pronunceranno gli organi competenti, ivi compresa la Commissione d’inchiesta all’uopo istituita) avrebbero potuto essere mitigate nei loro effetti da una più incisiva e tempestiva attività di prevenzione e gestione delle crisi bancarie”.
Il caos – Toni che hanno creato un bel po’ di caos. Su spinta del sottosegretario all’economia, Pier Paolo Baretta, il testo finale è stato infatti mitigato espungendo il passaggio sulle crisi bancarie degli ultimi anni “che avrebbero potuto essere mitigate da una più incisiva e tempestiva attività di prevenzione”. Quel che più conta, però, è che resta la stoccata sul fatto che “l’efficacia dell’azione di vigilanza della Banca d’Italia è stata, in questi ultimi anni, messa in dubbio dall’emergere di ripetute e rilevanti situazioni di crisi o di dissesto di banche”. E resta anche l’inciso finale, in cui si sottolinea che “le predette situazioni di crisi o di dissesto hanno costretto il governo e il Parlamento ad approvare interventi straordinari per tutelare, anche attraverso l’utilizzo di risorse pubbliche, i risparmiatori e salvaguardare la stabilità finanziaria, in assenza dei quali si sarebbero determinati effetti drammatici sull’intero sistema bancario, sul risparmio dei cittadini, sul credito al sistema produttivo e sulla salvaguardia dei livelli occupazionali”. Insomma, toni che fanno capire in che modo si sia consumata la vendetta di Renzi. Che ha trovato sponda anche in simili mozioni presentate nei giorni scorsi dal Movimento Cinque Stelle e Lega.