C’è chi ha già annunciato l’intenzione di farsi da parte. Come Rosy Bindi (Pd), che dopo 23 anni di Parlamento tornerà al suo vecchio amore: la teologia. Un’auto-rottamazione in piena regola, quella della presidente della commissione parlamentare Antimafia, com’era già successo 5 anni fa ai vari Walter Veltroni e Massimo D’Alema (che oggi non esclude il ritorno con Articolo 1-Mdp). Altri invece al prossimo giro rischiano di ritrovarsi fuori dal Parlamento ma non per scelta. Disoccupati della politica, verrebbe da dire. Categoria nella quale possono finire molti big: da Angelino Alfano (Ap) a Pier Luigi Bersani (Mdp) fino alla presidente della Camera, Laura Boldrini. Ma non solo. I calcoli, dentro ai partiti, sono già cominciati. Infatti ci sono da considerare le regole del Rosatellum bis, la legge elettorale che il Governo – su richiesta del Partito democratico – ha blindato a Montecitorio con la fiducia.
Un sistema misto proporzionale-maggioritario, in cui un terzo dei deputati è eletto in collegi uninominali e i restanti due terzi con un sistema proporzionale di lista. Due le soglie di sbarramento: 3% per la lista appunto (su base nazionale per entrambe le Camere) e 10% per le coalizioni. Ad oggi, con alleanze labili e sondaggi che visti gli ultimi precedenti vanno presi con le pinze, soprattutto per i partiti più piccoli di rientrare a Palazzo non v’è certezza.
Questioni sinistre – A partire da quelli a sinistra del Pd. Mdp, Sinistra Italiana e civatiani si “annusano” da tempo, ma anche nell’ottica di una lista unitaria mettere nuovamente piede dentro Camera e Senato non sarà facile. Stando all’ultima rilevazione di Emg Acqua per il TgLa7, infatti, i bersanian-dalemiani raccolgono oggi il 2,2% mentre il partito di Nicola Fratoianni non va oltre il 2,1%. Sulla carta non si preannuncia proprio un successone, insomma. Tanto che qualche maligno, dalle parti del Nazareno, ha agitato il fantasma della Sinistra Arcobaleno dei vari Fausto Bertinotti e Alfonso Pecoraro Scanio che alle Politiche del 2008 non riuscì a eleggere nemmeno un parlamentare. Oggi i 3 partiti contano una discreta rappresentanza fra Montecitorio e Palazzo Madama: 59 fra deputati e senatori i Democratici e Progressisti e 24 SI, che alla Camera “ingloba” pure i 4 eletti di Possibile, ovverosia Giuseppe Civati, Beatrice Brignone, Luca Pastorino e Andrea Maestri. Potenzialmente quindi sono tutti a rischio, a cominciare da Bersani (che ha dato una disponibilità di massima a ricandidarsi ma senza forzature), l’ex segretario della Cgil Guglielmo Epifani e Roberto Speranza. Ma anche l’ex viceministro dell’Economia, Stefano Fassina (quello del famoso “Fassina chi?” di renziana memoria), e lo stesso Fratoianni.
Che dire poi di Campo Progressista di Giuliano Pisapia? Al movimento dell’ex sindaco di Milano si sono già avvicinati alcuni parlamentari (come Bruno Tabacci e Dario Stefàno) e sul carro è già salita Boldrini. Fra la presidente della Camera e Pisapia ci sono “contatti quotidiani”, spiegano i ben informati. Ma anche in questo caso bisogna fare i conti col pallottoliere. Al momento, sempre stando al sondaggio di Emg, CP è all’1%. Numeri da lista civetta. Il che potrebbe costare alla numero uno di Montecitorio, entrata in Parlamento 4 anni fa con Sinistra Ecologia Libertà, la rielezione. Pure in questo caso, c’è chi ha evocato le vicissitudini del suo predecessore, quel Gianfranco Fini rimasto appiedato dopo che alle ultime elezioni Futuro e Libertà per l’Italia, nato dallo strappo con Silvio Berlusconi al grido di “che fai, mi cacci?”, ha raccolto un misero quanto inutile 0,47%. O dello stesso Bertinotti.
Cercasi deroga – Nel Centrodestra comunque c’è chi non è messo tanto meglio. Nelle intenzioni di Alternativa popolare c’è infatti la corsa solitaria, senza apparentamenti preventivi né da una parte né dall’altra. O almeno così ha detto nei giorni scorsi il neo coordinatore nazionale, Maurizio Lupi. Circostanza che rischia di costare cara al ministro degli Esteri e ad alcuni suoi fedelissimi, lo stesso Lupi e Beatrice Lorenzin in primis. Gli alfaniani sono oggi al 2,2%, al di sotto quindi della soglia di sbarramento. E la sconfitta di Fabrizio Micari alle Regionali siciliane del 5 novembre, data per certa, potrebbe rappresentare il colpo di grazia per i sogni di gloria di “Angelino”. In Forza Italia invece la strategia è decisa da tempo: Berlusconi ha intenzione di ricandidare solo 30 degli attuali parlamentari, tagliando i “rami secchi” e provocando così molti mal di pancia.
Anche nel Pd la situazione è ingarbugliata. Statuto alla mano, parecchi degli attuali deputati e senatori dovrebbero mollare lo scranno a causa del superamento del limite dei 3 mandati (15 anni). Fra questi pure il premier, Paolo Gentiloni, e i ministri Marco Minniti, Dario Franceschini e Andrea Orlando. Più i capigruppo Ettore Rosato e Luigi Zanda. Tutti, comunque, dovrebbero essere salvati con una “deroga”, com’era peraltro già accaduto al giro precedente. Chi invece al 99% (ma mai dire mai) saluterà il Parlamento dopo 34 anni da onorevole e senatore è Pier Ferdinando Casini. Al neopresidente della commissione d’inchiesta sulle banche, rivela chi lo conosce bene, è stato promesso un ruolo alle Nazioni Unite. Proprio così. Cadrà in piedi, “Pierferdy”, da buon democristiano che si rispetti. Chapeau.