di Martino Villosio
Il loro è un lavoro duro: provvedere alla riabilitazione psico-fisica e all’integrazione didattica e sociale delle persone con disabilità, spesso bambini con difficoltà economiche, fornendo loro le terapie necessarie e accompagnandoli nei percorsi di inserimento. Lo svolgono nel silenzio, con stipendi che nella maggior parte dei casi non superano i mille euro, a contatto con la vita e la sofferenza vera in una struttura distante solo poche centinaia di metri dalla sede Rai di Viale Mazzini. Ieri i dipendenti dell’Istituto Leonarda Vaccari di Roma, ente pubblico non economico accreditato dalla Regione Lazio e presieduto da Saveria Dandini (sorella di Serena), sono scesi in strada per far sentire forte la loro rabbia.
Senza stipendio
Indignati, dopo essere rimasti per l’ennesima volta senza stipendio per settimane. Questa volta, addirittura per due mesi e mezzo. “A intervalli di cinque o sei mesi si verifica sempre la stessa cosa”, spiega una fisioterapista presente al sit-in organizzato di fronte alla struttura. “I pagamenti si bloccano, arrivano con ritardi pesanti e senza che l’istituto paghi gli interessi di mora. Anche quest’anno dovrò rinunciare ad andare in ferie e con un lavoro come il nostro quel riposo è fondamentale”.
La presidente Saveria Dandini, interpellata da La Notizia, spiega che la colpa non è certo dell’ente da lei diretto: “Intanto segnalo che gli stipendi sono stati pagati ieri (oggi n.d.r.) a tutti i dipendenti. Purtroppo, malgrado il nostro bilancio sia in attivo, la cassa langue a causa della burocrazia che rallenta pesantemente le erogazioni della Regione e della Asl”.
La lentezza della Regione
Il budget destinato all’Istituto Vaccari è stato stanziato con delibera regionale già a febbraio. “Da tempo abbiamo ceduto il nostro credito nei confronti della Regione alla banca”, spiega la presidente, “ma l’istituto non ha pagato fino a quando non ha visto pubblicata l’accettazione della delibera da parte della Asl. Per pagare gennaio e febbraio ho dovuto accendere un fido presso un’altra banca e le donazioni che riceviamo sono vincolate da precisi scopi, non posso destinarle agli stipendi. Purtroppo ci sono alcuni sindacati che fanno disinformazione”. Fulminante la risposta del segretario provinciale romano della funzione pubblica UIL: “E’ intollerabile che per avere lo stipendio si debba ogni volta organizzare una protesta. Solo dopo la comunicazione del sit-in hanno trovato i soldi per pagare”.
I ritardi, conferma in ogni caso la presidente, tendono a riproporsi sistematicamente anche nel periodo natalizio. Mentre i soldi restano incagliati per settimane nelle spire dello zelo bancario e dell’indolenza pubblica, a finire stritolati sono i circa 60 tra terapisti, assistenti, educatori, infermieri, assistenti sociali e psicologi. Ma soprattutto i 100 collaboratori esterni delle cooperative, tra cui anche diversi medici: gli ultimi a ricevere i pagamenti dall’istituto.