Al di là delle accuse lanciate dal Movimento 5 Stelle, e delle voci che sul punto si sono rincorse per giorni, un fatto è certo: Pier Ferdinando Casini ha a che fare, eccome, con la Fondazione Carisbo (Cassa di risparmio di Bologna). Sì, perché basta consultare i profili che compongono l’assemblea dei soci dell’ente, così come riportati sul sito internet, per leggere il nome dell’ex presidente della Camera. Il dato, quindi, rende attuale l’interrogativo che alcuni in queste ore si vanno ponendo: era opportuno scegliere Casini come presidente della Commissione d’inchiesta sulle banche? E probabilmente la domanda ha una portata anche più vasta di quanto prospettato finora.
Il dubbio – Si dà infatti il caso che la Fondazione Carisbo vanti nel settore bancario non soltanto una partecipazione in Intesa Sanpaolo, il più grande istituto italiano, direttamente coinvolto nel salvataggio di quelle banche venete che, tra le altre, dovranno essere oggetto d’indagine da parte della suddetta Commissione parlamentare. Dall’elenco delle partecipazioni di natura finanziaria, riportato sempre sul sito internet, risulta infatti che l’ente detiene anche un pacchetto di azioni Mediobanca, la banca d’affari italiana per eccellenza, che difficilmente non mette lo zampino (magari oggi un po’ meno che in passato) in tutte le operazione bancarie. In più Carisbo, sempre secondo il medesimo elenco, è accreditata di partecipazioni in grosse società per azioni, che come tali non possono non intrattenere importanti rapporti con gli istituti di credito: dall’Aeroporto Marconi a Cdp Reti (società della Cassa Depositi che ha in pancia quote di Terna, Snam e Italgas), dalla multiutility Hera (che in Emilia-Romagna si occupa di acqua, energia e rifiuti) al fondo Mandarin Capital II (che investe in imprese intenzionate a perfezionare partnership con aziende cinesi). Insomma, le ramificazioni della Fondazione Carisbo sono anche più variegate di quanto non sia trapelato finora. E questo probabilmente avrebbe dovuto far riflettere sull’opportunità di nominare un socio, come Casini, alla guida della Commissione d’inchiesta sulle banche.
L’opportunità – Un incarico che, vista la rilevanza dei temi trattati, avrebbe consigliato la scelta di un profilo totalmente slegato dal mando bancario, in modo tale da garantire un’immagine super partes sia nella forma, sia nella sostanza. Naturalmente queste perplessità non fanno che aggiungersi a quelle prodotte dalle affermazioni certo non lusinghiere fatte all’epoca da Casini proprio sull’utilità della Commissione. Non è una novità, infatti, che l’ex presidente della Camera, ancor prima della nascita dell’organismo, ne avesse sostenuto l’inutilità. Di sicuro, prima della fine della legislatura, mancano troppi pochi mesi per immaginare che la Commissione possa ottenere qualche risultato. E forse gli stessi dubbi arrivano dalla scelta del presidente.
Tw: @SSansonetti