Diceva Totò tra il serio e il faceto: “A proposito di politica, quand’è che si mangia?”. Il suo riferimento, ovviamente, era ai tanti intrallazzi che già allora distinguevano ahinoi la classe dirigente italiana. Eppure ci sono casi in cui non serve uscir fuori di metafora per legare laute mangiate ai nostri politici. È il caso, giustappunto, dell’ultimo bando pubblicato da Montecitorio. “Servizio di ristorazione a ridotto impatto ambientale presso Palazzo Montecitorio”, recita il documento di gara. Certamente, però, l’impatto sarà meno ridotto per quanto riguarda le casse dello Stato. L’importo stimato, infatti, raggiunge quota 25 milioni 300mila euro, spalmati su quattro anni. In altre parole sfamare onorevoli, assistenti, dipendenti e via dicendo costerà ogni anno qualcosa come 6,3 milioni di euro.
Ma andiamo a vedere, a questo punto, a cosa dovrà far fronte l’azienda vincitrice della gara. Secondo quanto specificato nel bando, toccherà somministrare ovviamente pasti, sia per un pranzo tradizionale che per uno veloce. Immancabile, poi, la “gestione della buvette di Palazzo Montecitorio” e del bar. Ma non basta. Perché nei 25 milioni dovranno rientrare anche i “servizi di catering e banqueting su richiesta specifica dell’Amministrazione”. Infine sono contemplate nel bando di gara anche le inevitabili prestazioni accessorie, dal servizio di pulizia dei locali e delle stoviglie alla raccolta e la gestione dei rifiuti, dalla “manutenzione delle cappe aspiranti” fino alla fornitura di macchinette da caffè espresso a cialde e di distributori automatici di bevande calde e fredde e di snack. Insomma, un servizio a 360 gradi per il quale, si precisa nella documentazione, non è prevista una spartizione dell’appalto. Unico lotto, insomma. Dato che una “eventuale suddivisione comporterebbe un incremento dei costi”, dicono da Montecitorio. Sarà. Certo è che chi riuscirà a papparsi l’intera torta, metterà le mani su una una cifra monstre. Anche se confrontata con i servizi di ristorazione di altre sedi istituzionali. Prendiamo il Senato. Vero: parliamo di una struttura nei numeri, sia di dipendenti che di onorevoli, di gran lunga inferiore. Ma il bando, indetto nel 2016, prevedeva una spesa di 6 milioni 255 mila euro spalmati in tre anni. In altre parole, il servizio di ristorazione della Camera costerà ogni anno circa il triplo di quanto si spende invece a Palazzo Madama.
Ultima spesa – Ma d’altronde non c’è da sorprendersi. Da inizio anno, infatti, tra le procedure di gara concluse, spuntano amene curiosità. Per dire: la Camera dei Deputati ha acquistato lampade da tavolo per oltre 4mila euro, più plafoniere e lampadine a led. E poi un bel po’ di televisori, considerando la spesa di 33mila euro. E poi, ancora, materiale per apparecchiature audio-video (circa 50mila euro in totale), vaschette bio-compostabili e bicchieri trasparenti. Senza dimenticare la gestione dei social della Camera dei Deputati, per cui se ne andranno altri 300mila euro.
Tw: @CarmineGazzanni