Senza soldi non si canta messa, figuriamoci se si fa politica. Matteo Salvini ha molto chiaro che il blocco dei fondi pubblici assegnati alla Lega azzoppa la sua corsa prima ancora dello start per le politiche. Il punto è che quei soldi sono in parte il frutto di un reato, benché certamente non commesso dall’attuale leader della Lega.
Quindi c’è poco da tirarsi i capelli e invocare un fantomatico condizionamento delle urne. Ci hanno fatto la testa come un pallone su Roma ladrona, adesso siano coerenti e semmai se la prendano con Bossi, Belsito e tutti quelli che hanno fatto bagordi con i nostri quattrini. D’altra parte è difficile persino immaginare come fare un’eccezione al sequestro dei denari sui conti del Carroccio, visto che di ruberie sul finanziamento pubblico alla politica ne abbiamo viste da tutte le parti. E sarebbe grottesco se gli italiani dovessero pagare due volte per risarcire chi si è fatto svaligiare casa. Prendiamo un partito a caso, come la Margherita che sfogliava anche l’attuale Presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni. La cassa fu fatta fuori da un deputato di cui il segretario Francesco Rutelli si fidava ciecamente, tale Luigi Lusi.
Qualcuno si è mai permesso di richiedere i contributi fatti evaporare dal tesoriere? Certo che no, esattamente come dovrebbe avere il pudore di fare Salvini, erede con tutti gli onori e oneri di chi insultava Roma ladrona e poi ha dimostrato di aver imparato molto bene la lezione.