“La speculazione che si sta facendo anche sui social contro i carabinieri è inaccettabile. Ci sono cose che vanno corrette, a partire dalla selezione e dalla formazione di chi entra nell’Arma, ma da qui a vedere la montagna di basse allusioni per chi fa una professione così delicata e pericolosa ce ne corre”. Pur abituato alle aggressioni mediatiche, l’avvocato Carlo Taormina non ci sta a veder salire l’onda che in questi giorni sta macchiando tutti coloro che indossano una divisa onorata anche dal sacrificio di eroi. Perciò per l’ex magistrato e sottosegretario al Viminale serve una scossa. Adesso che fa l’avvocato si sta occupando pure del presunto stupro da parte di tre carabinieri nella caserma del Quadraro, a Roma. Un caso con molte analogie con quello di Firenze.
Una volta certi casi sarebbero stati impensabili. Che è successo ai carabinieri?
Restano uno dei pilastri fondamentali della nostra sicurezza, però le selezioni al momento dell’assunzione e poi tutte le verifiche psicoattitudinali non sono più quelle di un tempo. E se pensiamo che fino a qualche tempo fa alla Procura militare di Napoli c’erano quasi mille casi di presunti rapporti con la criminalità, è evidente che non brillano neppure i controlli sui possibili legami di chi entra nell’Arma con ambienti diciamo poco specchiati.
Dobbiamo cambiare il motto “nei secoli fedele”?
No, ma il tema di chi deve dare l’esempio c’è tutto. Se gli stessi vertici finiscono al centro di vicende giudiziarie o ne escono subito o pur innocentissimi ingenerano loro malgrado una forma di lassismo che poi degenera fino ai pochi casi di comportamento indegno della divisa.
I fatti di Firenze mentre l’attenzione era tutta rivolta allo stupro fatto da quattro immigrati a Rimini hanno acceso un derby dove si mischiano razzismo, anarchia, difesa e offesa a prescindere di quello che è un simbolo dello Stato.
Sui social girano allusioni disgustose, come se lo stupro non fosse sempre inaccettabile. Ma qui apriamo un altro fronte sul quale lo Stato sembra aver abdicato. Il turpiloquio, gli insulti, persino le minacce sulla rete hanno di fatto l’impunità. E questo per colpa di scelte come la competenza affidata solo alle maggiori Procure, dove non ci sono uomini e mezzi per perseguire questi reati.
La Boldrini l’hanno fatta nera, e la sua minaccia di denunciare non ha cambiato le cose. E anche la Boschi ha un bel manipolo di ammiratori…
Se è per questo di ammiratori dello stesso genere ne ho in abbondanza anche io. Per questo ho sollecitato la polizia postale, senza però alcun effetto sulle aggressioni verbali.
Dunque non c’è scampo all’insulto in rete?
Servirebbe una maggiore attenzione e rapidità di chi controlla le piattaforme social, come Facebook. Ma anche una maggiore considerazione di questo fenomeno da parte della magistratura. So bene quanto siano oberati gli uffici, ma certe forme di pressione, insieme agli insulti, le minacce e lo stalkeraggio in rete possono avere effetti gravissimi, rapportati alla diffusione e l’utilizzo dei social, sui quali tantissime persone restano attive tutto il giorno, maturando una sorta di dipendenza.