Su Facebook c’è già una fan page, 725 “like” in tutto, a sostegno della sua investitura come prossimo presidente del Consiglio. Titolo emblematico: “Marco Minniti premier”. Complice l’assenza di uno straccio di legge elettorale che garantisca governabilità, dire chi dopo le Politiche del 2018 siederà a Palazzo Chigi è operazione ardita. Il rischio, per qualcuno la speranza, è quella di ritrovarsi con l’ennesimo supplente. Un premier che metta d’accordo un po’ tutti – grillini esclusi – traghettando il Paese per un altro quinquennio. Magari con un briciolo di continuità, evitando il bailamme andato in scena dal 2013 a oggi. Negli ultimi mesi, complice la gestione della crisi migratoria e il codice per le Ong apprezzato più a destra che a sinistra, il ministro dell’Interno è balzato in cima alle classifiche di gradimento. Un sondaggio di Ipr Marketing pubblicato ieri dal QN ha rivelato come la fiducia nell’ex braccio destro di Massimo D’Alema sia passata in un mese dal 30 al 37%, superando pure quella in Paolo Gentiloni.
L’aspetto più interessante della rilevazione? Solo il 15% di quei consensi arriva da elettori di Centrosinistra mentre il 18% è espressione di quelli di Centrodestra. Insomma “Mister Sicurezza”, una vita passata in prima linea ma da dietro le quinte, magari non ci pensa, ma certo è che le possibilità di vederlo al posto di Gentiloni crescono di giorno in giorno. Così come quelle dello stesso successore di Matteo Renzi. Nello stesso sondaggio, l’ex ministro degli Esteri fa comunque un balzo in avanti di due punti (dal 32 al 34%) accaparrandosi il sostegno di molti dentro al Pd, da Luciano Violante a Cesare Damiano tanto per fare due nomi. E il segretario dem? Ha passato l’estate a promuovere la sua ultima fatica letteraria, Avanti, e a sciorinare lo slogan “aiutiamoli a casa loro” riferendosi ai migranti. Ma la fiducia degli italiani nei suoi confronti, che aveva raggiunto il picco del 65% dopo le Europee 2014, è crollata oggi al 28%. Una discesa verticale che non fa ben sperare “Matteo”, soprattutto se adesso deve guardarsi pure dai competitor interni. Capitolo M5S. Il 24 settembre a Rimini verrà annunciato il nome del candidato premier dei grillini, scelto dagli iscritti sul blog. Difficile pensare che possa non essere Luigi Di Maio, ma qualche competitor interno c’è, com’è ovvio, a cominciare da Roberto Fico e Alessandro Di Battista.
A destra invece Silvio Berlusconi spera sempre nella riabilitazione pre-voto, che a suo dire varrebbe un tesoretto del 5%. Per ora quindi l’ex premier si diletta a mischiare le carte. Tramontata l’ipotesi-Marchionne, pompata dai giornali d’area ma rivelatasi nient’altro che una boutade, il Cav come noto gradirebbe Mario Draghi (ma il presidente della Bce “scade” il 31 ottobre 2019) e ultimamente ha lanciato nella mischia il nome di Antonio Tajani, uno dei fondatori di FI nel ’94, complici pure gli ottimi rapporti con Angela Merkel. Sullo sfondo resta il nome del ministro dello Sviluppo, Carlo Calenda. Tutto pur di bloccare l’ascesa del leader della Lega Matteo Salvini. Per pesare i rapporti di forza saranno fondamentali le Regionali siciliane del 5 novembre.
Twitter: @GiorgioVelardi