Il ministro dell’Interno, Marco Minniti, tira dritto. In questo momento, complici gli screzi all’interno dell’Esecutivo sulla linea da adottare nei confronti delle ong, è lui l’esponente governativo dall’atteggiamento più “duro” sulla gestione delle politiche migratorie. è anche per questo che lo scorso 27 luglio, con un’operazione passata del tutto inosservata, il Viminale ha perfezionati l’iter per l’assunzione di ben 20 consulenti-collaboratori da impiegare in due delicatissime attività: l’analisi delle domande di asilo dei migranti che approdano in Italia e la gestione delle cosiddette “relocations”, cioè i trasferimenti di migranti dall’Italia ad altri Paesi Ue in deroga all’ormai famigerato Trattato di Dublino.
Il nodo – Quest’ultimo, in sostanza, stabilisce che lo Stato competente a esaminare una domanda d’asilo è quello in cui il richiedente, cioè il migrante, ha fatto il suo ingresso nell’Ue. E visto che il maggior numero di immigrati fa ingresso nell’Ue dall’Italia, ecco il motivo per cui questo trattato ha finito col soffocare il Belpaese. Sta di fatto che l’assunzione dei 20 consulenti, destinati a lavorare presso il Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione del Viminale, è pronta a scattare. Il numero complessivo delle candidature pervenute, emerge ora dai documenti, si era attestato a quota 121. Ma lo scorso 27 luglio il ministero ha redatto la graduatoria finale con i primi 20 della procedura selettiva-comparativa. E così il dicastero ha chiuso una procedura non semplice, che aveva avuto inizio con la pubblicazione dell’avviso il 21 dicembre del 2016, pochi giorni dopo l’arrivo di Minniti al Viminale. Nello spiegare la delicatezza dell’attività che verrà chiesta ai consulenti, l’avviso stesso spiega che la cosiddetta “relocation” di migranti “prevede entro settembre 2017, in deroga al Regolamento di Dublino III, il trasferimento dall’Italia ad altri Paesi di circa 40 mila richiedenti asilo”. Un impegno gravoso, tengono a precisare i documenti del Viminale, per il quale gli uffici non potevano che essere potenziati, visto che “l’amministrazione ha già valutato l’impossibilità oggettiva di utilizzare le risorse umane disponibili al suo interno, per accertata carenza numerica delle professionalità richieste, con particolare riferimento all’utilizzo della lingua inglese”.
I dettagli – Ai 20 consulenti, come requisiti minimi, le carte chiedevano la conoscenza delle tematiche relative al regolamento Dublino III, “dimostrabili attraverso contratti di collaborazione/consulenza/supporto di durata non inferiore a 3 mesi”. E naturalmente la conoscenza della lingua inglese. Quanto al costo della nuova infornata di collaboratori, i documenti precisano che il Viminale si è attenuto ai tetti massimi indicati dalla circolare del Ministero del lavoro n. 2/2009. Il che, specifica una tabella inserita nell’avviso, significa un costo lordo annuo di 42.944 euro per consulente. Le stesse durate contrattuali sono state previste in un anno, anche se rimodulabile. Una cosa è certa, ormai Minniti sembra intenzionato a interpretare le politiche di gestione dei flussi migratori con il massimo rigore possibile. Una scelta che gli ha causato qualche screzio coi colleghi di Governo, ma che forse è stata compiuta anche con un occhio alle elezioni del 2018.
Twitter: @SSansonetti