Nonostante il carattere straordinario della crisi migratoria sulla rotta dei Balcani, secondo i giudici è Zagabria a dover “esaminare le domande di protezione internazionale delle persone che hanno attraversato in massa la sua frontiera nel 2015-2016”. “L’attraversamento della frontiera che abbia avuto luogo in occasione dell’arrivo di un numero eccezionalmente elevato di cittadini di Paesi non Ue intenzionati ad ottenere una protezione internazionale non è determinante” nell’esame delle richieste di asilo, che restano di competenza dello Stato di ingresso nell’Unione, scrive infatti la Corte.
In un’altra sentenza, però, l’istituzione che ha sede in Lussemburgo mette nero su bianco un principio che potrebbe rivelarsi prezioso per l’Italia: un richiedente asilo arrivato in un Paese ma che presenta la sua domanda in un altro Stato dell’ Ue può impugnare in giudizio la richiesta di ritrasferirlo nel Paese d’arrivo se questa non è presentata entro tre mesi, i termini previsti dallo stesso regolamento di Dublino. In questo caso la causa era stata intentata da un eritreo sbarcato in Italia e poi passato in Germania, dove ha chiesto asilo. Berlino ne aveva chiesto il trasferimento ma, appunto, solo dopo la scadenza dei tre mesi. La Corte ha accolto il parere dell’avvocato generale formulato lo scorso 20 giugno.
Come se non bastasse, dalla Corte Ue è arrivato anche l’ok a snellire le procedure per l’asilo in Italia. Il richiedente, affermano i giudici, non va necessariamente sentito una seconda volta, se nella prima fase gli è stata “offerta la possibilità di essere ascoltato di persona; il verbale del colloquio sia confluito nel fascicolo del Tribunale; il Tribunale abbia sempre la facoltà di procedere ad una nuova audizione se necessario”. La sentenza riguarda un’impugnazione al Tribunale di Milano, contro un no della Commissione Territoriale a riconoscere l’asilo