Uno per tutti, tutti per i vitalizi. La “Grande Guerra” contro il contributo di solidarietà triennale sugli assegni di importo pari e superiore a 70 mila euro lordi deciso dall’ufficio di presidenza della Camera il 22 marzo (data di inizio 1° maggio) sta per scoppiare. Anzi è già scoppiata, visto che sono numerosi gli ex deputati che hanno fatto ricorso al Consiglio di giurisdizione di Montecitorio contro la delibera di Marina Sereni (Pd) che porta a risparmi risibili: circa 2,5 milioni di euro l’anno, l’1,7% della spesa complessiva per i vitalizi (135 milioni solo nel 2016). Fino ad oggi i nomi dei ricorrenti – assistiti dall’avvocato ed ex parlamentare del Pdl Maurizio Paniz – sono rimasti top secret. La Notizia però ha potuto visionare la lista. Chi ne fa parte? Cominciamo da Giuseppe Gargani, uno dei primi a presentare ricorso. Classe 1935, sei legislature alle spalle, Gargani ha militato in Dc, Ppi, Forza Italia e Pdl. L’ex deputato campano incassa 6.039,96 euro netti al mese di vitalizio, ma non vuole rinunciare a un centesimo.
Silenzio di tomba – Così come non vuole rinunciarci l’ex radicale e FI Giuseppe “Peppino” Calderisi, che a sua volta incassa 5.459,46 euro netti. “Di queste cose non parlo. Grazie, arrivederci”, taglia corto Calderisi contattato telefonicamente. L’ex centrista (Dc, Ccd, Udc…) Mario Tassone, 9 legislature a Montecitorio e un assegno da 6.073,37 euro netti, invece, non si sottrae. “È un fatto di principio – dice –. Il problema è com’è stata posta la questione, in termini negligenti e irriguardosi nei confronti dell’istituto parlamentare”. Sarà. Andiamo avanti. Fra il 1987 e il ’96 alla Camera era seduto anche Antonio Bargone (Pci, Pds). Le 3 legislature sono valse all’avvocato brindisino, che in carriera ha ricoperto pure l’incarico di sottosegretario ai Lavori pubblici nel primo Governo Prodi e nel primo e secondo Governo D’Alema, un assegno da 3.931,21 euro netti al mese. Un piccolo taglio? Nemmeno a parlarne: pure lui ha fatto ricorso. Sulla stessa lunghezza d’onda gli ex Dc Pietro Rende e Giuseppe Fornasari: tre legislature il primo e 4 il secondo che gli hanno permesso di maturare una pensione da – rispettivamente – 4.041,60 e 5.022,35 euro netti al mese. Che vogliono intascare tutta intera. Pensate che sia finita? Ci dispiace deludervi ma la risposta è no. Nell’elenco c’è infatti anche Teresio Delfino.
Questione di principio – Qualcuno se lo ricorderà visto che l’ex deputato centrista originario di Busca, provincia di Cuneo, è stato deputato per 6 legislature ma anche sottosegretario sia col Governo D’Alema I (Istruzione) sia con quello Berlusconi II (Agricoltura). Il suo assegno ammonta a 5.819,39 euro netti: ma lui non vuole darci un taglio. Così come Mario Gargano (Dc) e Maurizio Bertucci (FI-Udeur). Il primo, classe 1929, originario di Tagliacozzo (L’Aquila), è stato alla Camera fra il 1972 e l’83: tanto è bastato per portare a casa ogni mese 3.931,21 euro netti di vitalizio. La stessa identica cifra che percepisce Bertucci, a Montecitorio fra il ’94 e il 2006. Decisamente più alta è invece la cifra incassata dall’oggi 92enne Giacinto Urso, altra colonna della Balena Bianca nel ventennio 1963-83: 5.472,11 euro netti. Carlo Felici, altro ex democristiano, sottosegretario all’Agricoltura del Governo Moro V, si deve invece “accontentare” di 4.499,09 euro netti, ma guai a chi glieli tocca. Chiudono la lista della quale La Notizia ha preso visione l’ex Dc e FI Angelo Sanza (dieci legislature e 5.882,70 euro netti di vitalizio), l’ex Pci-Pds Bruno Solaroli (4.954,23 euro) e l’ex Udc Luigi Nocera (3.004,11 euro). “La delibera non mi tocca – spiega Nocera – ma ho fatto ricorso per una questione di principio contro questi falsi populismi”. Proprio così ha detto.
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