No, contrariamente a quanto detto in risposta a Matteo Renzi, Romano Prodi la tenda non la sposta. Anzi, dopo aver stimolato la discussione sulle coalizioni nel centrosinistra, torna sul tema della legge elettorale entrando nello specifico: “O abbiamo una legge che ci obbliga ad accorpamenti o non c’è mica niente da fare” perché “in un Paese frammentato la legge elettorale non è fatta per fotografare un Paese, ma per dare un governo stabile“, ha detto l’ex presidente del Consiglio intervenendo a un appuntamento dell’Acer, Azienda Casa Emilia-Romagna della Provincia di Bologna. Un invito, in pratica, a dotare la futura legge di un meccanismo che favorisca la stabilità: “L’ho detto 6mila volte, lo dico 6mila e 1 – ha spiegato il professore, che il 23 maggio aveva specificato a chiare lettera di essere “per l’uninominale, cioè il maggioritario” – il Paese si salva solo se c’è una legge che dà un governo stabile nel lungo periodo. Poi le liti e i personalismi sono aggravamenti. Ma nel lungo periodo il problema italiano è solo la stabilità dell’autorità”.
A proposito di personalismi, Prodi liquida con una battuta i giornalisti che gli chiedevano un commento al documento-appello al Pd firmato a Bologna da molte figure considerate a lui vicine: “Ma non ci sono più i prodiani. Non c’è più Prodi, come fanno ad esserci i prodiani?”, sorride il professore.
Prodi, però, si è soffermato anche sull’annosa questione dei migranti. “Quando in un giorno solo ne arrivano seimila, tutta l’Italia è in fibrillazione e questo è un grosso problema” perché “l’Italia non basta, non può bastare. Mi auguro che i passi avanti che si stanno facendo in Europa ci diano qualche aiuto”. “Mi preoccupa la posizione francese – ha spiegato Prodi riferendosi alle recenti dichiarazioni del presidente della Francia, Emmanuel Macron, a proposito della distinzione tra i rifugiati politici ed i cosiddetti migranti economici – perché, col cervello, distinguiamo tra i rifugiati per motivi politici e quelli che vengono qui per motivi di ‘fame’, ma io ho visto come vanno in pratica le cose. Uno fugge per motivi politici oppure per motivi di reddito basso, di fame. Rimane in un campo profughi per due o tre anni e poi viene qui. Ma come facciamo a distinguere?”. “Qui occorre veramente un’operazione di ampio respiro – ha continuato PRODI – e credo che la Germania sia abbastanza orientata a farla”. “Le dichiarazioni di ieri di Macron – ha concluso, sempre riferendosi alle politiche per l’immigrazione dei vari Paesi europei -, mi pongono un punto interrogativo, vediamo cosa succede nei prossimi giorni”.