Altro che “Vinavil”. “Non credo che Romano Prodi sia il collante giusto per rimettere insieme i cocci della Sinistra”, dice senza mezzi termini Gianfranco Pasquino, professore emerito di Scienza politica e senatore per tre legislature tra le fila della sinistra indipendente: “Non c’è riuscito nel corso della prima esperienza dell’Ulivo, e infatti una parte, quella facente capo a Bertinotti e non a D’Alema, ne provocò la caduta, e non ce l’ha fatta nemmeno nella seconda, quando non fu in grado di gestire la questione-Mastella”.
La sua è una bocciatura su tutta la linea.
Vede, Prodi può pure incontrare delle persone negli appartamenti di Parisi, ma questo non basta per tenere insieme la variegata galassia della Sinistra italiana.
Senza un leader, senza un programma: di questo passo la Sinistra è destinata ad andare incontro all’ennesima sconfitta. O sbaglio?
Diciamo, citando Bersani, che al momento il rischio è sicuramente quello di una non vittoria. Però molto dipenderà dalla legge elettorale: infatti, con un sistema proporzionale, le varie forze in campo potrebbero ritrovarsi frammentate alle urne ma unificate in Parlamento, dando vita ad una maggioranza assoluta.
Scenario che al momento appare improbabile, visti i veti incrociati fra Pd, Mdp, Pisapia…
È vero. Da D’Alema a Bersani e Civati, ognuno sul territorio ha quel consenso utile per fare squadra, ma poi prevalgono i niet, in primis quelli di Renzi e dei renziani: i vari Boschi, Lotti, Orfini, Guerini… Vedo difficile un passo indietro dell’ex premier per riunire la Sinistra, perché Renzi vuole continuare a dare le carte. Ma così rischia di schiantarsi: se e quando i risultati del Pd alle urne non saranno soddisfacenti al punto da andare da soli, qualcuno gli domanderà di lasciare il campo a chi è in grado di fare sintesi.
Così il Centrodestra gongola.
Per paradosso, il Centrodestra è più omogeneo e meno rissoso della Sinistra, ma non più forte. Anche in questo caso c’è un problema di leadership.
Leadership? Berlusconi sembra tornato in auge, non crede?
L’ex premier non se n’è mai andato, a dire il vero, ma non è più capace di fare ciò che fece nel ’94, nel 2001 e nel 2008.
Insomma, sia da una parte sia dall’altra siamo messi maluccio. Come se ne esce?
Da che mondo è mondo, le leadership vengono fuori dal conflitto, ma finché il conflitto è solo verbale non nascerà mai nulla. Ci troviamo in quella che Gramsci definirebbe una situazione di interregno nel quale proliferano i germi della disgregazione. Pisapia? Indubbiamente potrebbe rappresentare un’alternativa, ma non credo abbia le capacità per fare il leader. Così come mi lasciano perplessi i nomi dei vari Saviano e Rodotà…
Che consiglio darebbe oggi a un aspirante leader, di destra e di sinistra?
Quello che è successo in Francia con Macron dovrebbe insegnarci che la parola d’ordine è Europa. Chi vuole ristrutturare lo schieramento partitico italiano deve partire dicendo che vuole fare dell’Italia un Paese davvero europeo, regole e comportamenti.
A onor del vero, Renzi c’ha provato…
Ma truccava le sue carte, mentre, purtroppo, Monti le ha sprecate. L’ex sindaco di Firenze è partito dalla critica a eurocrati, tecnocrati, burocrati. Critiche solo in parte legittime perché è normale che anche l’Europa debba cambiare. Ma le soluzioni cominciano in casa propria, con coerenza e insistenza.
Torniamo alle cose di casa nostra: come giudica l’iniziativa di Montanari e Falcone?
Credo francamente che entrambi si illudano: Libertà e Giustizia non è organizzata sul territorio e ho trovato i loro toni esasperati. Chi vuole ricostruire la Sinistra deve destrutturare e ristrutturare il Pd: bisogna farci i conti, non solo sparargli addosso verbalmente.
Nel quadro disegnato finora, i 5 Stelle che fine fanno?
Alle Amministrative il Movimento non ha perso così tanto come sostengono gli analisti, e gode di quello che una volta Occhetto avrebbe chiamato “zoccolo duro”: quello degli italiani contro questa politica e questi politici, che naviga intorno al 25%. Molto dipenderà da chi sarà il loro candidato premier: non credo che Di Maio sia adatto. Potrebbero sempre dare vita ad un governo di minoranza con appoggi esterni, per esempio quello della Lega, come avveniva ai tempi della Dc.
C’è una deriva a destra del M5S?
No, c’è una componente di destra rappresentata a Roma dalla Raggi e dai suoi gruppi di riferimento, ma ha anche pulsioni di sinistra. E sono più numerose.
Tw: @GiorgioVelardi