Massimo D’Alema è già tornato da qualche mese e continua ad attaccare. Silvio Berlusconi non è mai andato via e interviene in televisione promettendo aiuti al disabile senza casa. E ora dal cilindro viene addirittura ripescato Romano Prodi, per completare il ritorno al passato forse ispirato dalla fortunata serie tv “1993”, ideata da Stefano Accorsi, che segue a “1992”. Con questi elementi si potrebbe giocare a cercare le differenze tra l’Italia del 1996 e quella del 2017. L’unica sicura è qualche ruga in più sul volto dei protagonisti e magari capelli bianchi che prima non c’erano. Poi c’è addirittura un cambiamento, ma in senso peggiorativo: in quella fase c’era almeno una legge elettorale sostanzialmente maggioritaria, il Mattarellum, che quantomeno garantiva il principio dell’alternanza (sulla governabilità, invece, c’è stato qualche problema in più, come raccontano le costanti cadute dei Governi). In questo clima di restaurazione, e di un passato che non passa e si candida a essere un “futuro già vecchio”, c’è un sistema proporzionale puro. Il Consultellum, in vigore fino a nuova riforma, è addirittura espressione della Prima Repubblica, giusto con una verniciata di Italicum sulla parte del premio di maggioranza. Del resto qualsiasi riforma guarda al passato, basti pensare al già sepolto modello tedesco che imponeva alleanze post elettorali. Roba che il 1996 è un sogno.
Nulla cambia – Insomma, con l’eccezione del cambiamento anagrafico e il peggioramento della legge elettorale, per il resto sembra tutto uguale. Almeno per la politica di Palazzo. Perché nel Paese reale la situazione è cambiata, purtroppo, in peggio, con la crisi economica che ha divorato i risparmi delle famiglie, bruciato le ambizioni di un’intera generazione, aggrappata al precariato. E di chi è la responsabilità? Manco a dirlo, è di quei signori che a fasi alterne hanno governato e ora, complice questo vento di gattopardesca nostalgia, provano a indossare i panni di Salvatori della Patria. A firmare l’ultimo colpo di genio è stato l’ex sindaco di Milano, Giuliano Pisapia, che guarda caso nel ’96 entrava in Parlamento come deputato di Rifondazione comunista: “Se Prodi fosse disponibile a candidarsi a Palazzo Chigi ci metterei subito la firma”.
Rottamati – Il nuovo centrosinistra non parte nemmeno dall’usato sicuro, addirittura ripesca un rottamato per eccellenza. L’ex leader dell’Ulivo, ovviamente, ha detto che non è disposto ad accettare. Ribadendo che ha chiuso con la politica. Ma di fatto è tornato in scena già da qualche settimana, sparando ad alzo zero sul fortino di Largo del Nazareno, con l’obiettivo di colpire Matteo Renzi: “È una tenda che si può infilare nello zaino e rimettersi in cammino per spostarsi”, aveva detto sul possibile addio ai dem e un avvicinamento ai fuoriusciti, confluiti nel Movimento democratico e progressista. Insomma, mentre il mondo reale va avanti, fanno la loro comparsa i robot che svolgono le mansioni dei lavoratori e si sviluppa la sharing economy, la politica italiana si avvita sulla nostalgia di un passato diventato un incubo.