Riina libero e Berlusconi mafioso. Mentre un manipolo di miracolati dai partiti affonda la legge elettorale per tenersi fino all’ultimo la poltrona in Parlamento, cosa nostra irrompe nel pantano della politica. Era già successo nel ’93, con la bomba di Capaci scoppiata nel bel mezzo di un’elezione del Capo dello Stato finita in stallo. Stavolta però a far scattare il detonatore sono due iniziative della magistratura. La Cassazione che raccomanda al tribunale di sorveglianza di far morire con dignità il capo della mafia (aprendo un dibattito anche serio sulla funzione non vendicativa del carcere) ha avuto l’effetto di riaccendere un faro su un cancro del Paese dove adesso improvvisamente irrompono le confidenze del boss Graviano su Berlusconi intercettate in prigione quasi un anno e mezzo fa. Il passaggio più inquietante – dove il padrino definisce le bombe mafiose del ’92 e ’93 un favore chiesto dal Cavaliere – è del 10 aprile 2016. Quello dei magistrati, insomma, non è materiale tanto fresco. E vederlo saltare fuori proprio quando Berlusconi torna decisivo nel quadro politico si fa fatica a pensare che sia casuale.
L'Editoriale