E adesso che succede? Con la definitiva rottura del patto tra Pd, Forza Italia, Movimento 5 Stelle e Lega si ritorna alla casella di partenza, come nel gioco dell’oca. Dopo la bagarre di ieri, iniziata in Aula alla Camera e proseguita fuori a colpi di scambi di accuse e tweet la discussione si ferma per qualche giorno, complici pure le elezioni Amministrative di domenica. Ma è una “pausa” che non risolve minimamente i problemi. Anzi. Di fatto, a causa degli interessi di bottega dei singoli schieramenti, oggi non esiste una maggioranza in grado di approvare una legge elettorale.
Lunga storia – Sul sistema “tedesco” gli accadimenti degli ultimi giorni ci hanno istruiti a dovere: i numeri ci sarebbero stati, soprattutto al Senato dove i cespugli spuntano a più non posso, ma il casus bellisull’emendamento-Biancofiore ha mandato tutto all’aria. L’Italicum-bis, presentato l’11 maggio dal presidente della commissione Affari costituzionali, Andrea Mazziotti, è durato nemmeno una settimana prima di essere bocciato dal Pd per fare spazio al Rosatellum. E anche il tanto sbandierato Mattarellum, rimasto in vigore fino al 2005, vede gli alfaniani di Ap contrari. Il che, complice il niet di pentastellati e forzisti, rende impossibile la formazione di una maggioranza capace di bollinarlo. Ecco quindi che da ieri è ricominciata a circolare l’ipotesi del decreto per uniformare i sistemi di Camera e Senato, subito ricacciata indietro dal Pd, che comunque per bocca del capogruppo a Montecitorio, Ettore Rosato, l’ha definita una “strada teoricamente percorribile, ma politicamente è un’altra cosa”. “Noi”, ha detto invece Giancarlo Giorgetti (Lega), braccio destro di Matteo Salvini, “chiediamo che Gentiloni prenda atto di questa situazione, si dimetta e chieda a Mattarella la possibilità di fare un decreto legge in materia elettorale per potere andare a votare il prima possibile”. Attenzione però. “Il decreto è una prerogativa del Governo”, spiega a La Notizia la costituzionalista Lorenza Carlassare, mentre “la legge elettorale è materia parlamentare. Una circostanza del genere sarebbe totalmente incostituzionale”. Non solo. “Il decreto – aggiunge Carlassare – viene adottato dall’Esecutivo in casi di necessità e urgenza: qui non se ne vede l’ombra, visto che quella delle elezioni anticipate è un’ipotesi ma la legislatura ‘scade’ nel 2018”. Anche il Quirinale sembra pensarla allo stesso modo.
Posizione Quirinale – Per il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, infatti, non è pensabile aggirare l’ostacolo di un Parlamento impantanato ricorrendo a un decreto per correzioni tecniche che consentano di tornare a votare con i sistemi usciti dalle sentenze della Corte Costituzionale, i cosiddetti Consultellum. In questo scenario, l’ipotesi più plausibile sembra quella di arrivare al termine naturale della legislatura. Insomma, la spunterebbe il ben guarnito partito del non-voto. Quello sì che una maggioranza ce l’ha. E si vede.