Con una dichiarazione dal retrogusto democristiano, ieri sera ospite di Porta a Porta Maurizio Lupi ha detto che Alternativa popolare “non minaccia nessuno. Noi – ha aggiunto il capogruppo di Ap alla Camera – vogliamo una buona legge elettorale che abbia governabilità e rappresentatività”. Al di là delle dichiarazioni di facciata, la sostanza com’è ovvio è un’altra. Dentro al partito di Angelino Alfano sono tutti molto irritati con Renzi, di cui per due anni sono stati la “stampella”. E, fa sapere qualcuno a taccuini chiusi, se lo strappo non dovesse essere ricucito nei prossimi giorni può succedere di tutto. A cominciare dalla soluzione più estrema, ovvero l’uscita dal Governo, che di fatto metterebbe la parola “fine” alle larghe intese su cui finora si è retta la legislatura. Al termine dell’incontro di ieri pomeriggio al quale, oltre al segretario del Pd e ad Alfano, hanno partecipato anche Lorenzo Guerini, Gianpiero D’Alia e lo stesso Lupi, il ministro degli Esteri ha parlato di “posizioni molto, molto distanti. Spero – ha chiarito – che si possano avvicinare nei prossimi giorni, anche se penso che il tempo ormai si vada assottigliando”. Chi ha parlato con Alfano, però, giura che le cose stiano addirittura peggio di così. Che “Angelino” abbia capito di essere finito in un vicolo cieco dal quale è impossibile uscire. Il punto resta sempre lo stesso: la soglia di sbarramento che il sistema tedesco fissa al 5% esiziale per Ap, ferma al momento a circa il 3.
Zero compromessi – Con Renzi, Alfano sarebbe voluto giungere a un compromesso, magari facendola scendere al 4%, se non addirittura al 3. Una soluzione che avrebbe permesso al suo partito, in corsa con gli altri cespugli centristi (da Fare! di Flavio Tosi a Scelta Civica di Enrico Zanetti fino a Centristi per l’Europa di Pier Ferdinando Casini e a Energie per l’Italia di Stefano Parisi), di entrare comunque in Parlamento. Ma “Renzi ci ha detto che c’è una convergenza con Movimento 5 Stelle e Forza Italia sul tedesco con la soglia al 5 per cento”, ha ammesso Lupi. E, c’è da scommettere, dietro al niet dell’ex sindaco di Firenze c’è anche lo zampino di Berlusconi, da sempre contrario ai partitini e ancora col dente avvelenato contro il suo ex delfino colpevole di averlo “tradito” nel 2013, quando fondò il Nuovo centrodestra (Ncd).
La mediazione – In realtà, all’interno di Ap non tutti pensano che “strappare” sia la scelta migliore. L’ala filogovernativa capitanata dal ministro per gli Affari Regionali, Enrico Costa, vorrebbe assicurare responsabilità e non pensa sia giusto minacciare ritorsioni, soprattutto sulla legge elettorale. Ma si tratta di una posizione minoritaria. Per rendere meno amara la pillola da ingoiare Alfano, Lupi e D’Alia hanno chiesto a Renzi di promuovere e siglare con M5S e FI anche una larga intesa sulla prossima manovra d’autunno, “perché solo così vi è la certezza di evitare l’esercizio provvisorio che rappresenta per il Paese un rischio enorme”. Ma il capogruppo dem alla Camera, Ettore Rosato, ha negato qualsiasi ipotesi in tal senso. Alfano ha convocato la direzione di Ap per giovedì. Ma per il suo partito potrebbe già essere troppo tardi.
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