Al Csm il Presidente della Repubblica parla di mafia e di Falcone. Ma nel mirino questa volta sembra esserci anche altro. Ricordando che il magistrato ucciso a Capaci credeva alla “solidità delle prove”, il pensiero va naturalmente alla grana che sta per cadere proprio su Palazzo dei Marescialli, sede dell’organo di autogoverno dei giudici. La vicenda Woodcock, con la fuga di notizie sull’inchiesta Consip e le intercettazioni “modificate” dall’ufficiale dei carabinieri Scarfato, considerato un collaboratore di fiducia della Procura di Napoli, pesa come un macigno sulla credibilità dell’intera giustizia italiana. Finora le sponde togate vicine al procuratore aggiunto di Napoli sono riuscite a fermare l’intervento del Csm, ma adesso è davvero difficile continuare a far finta di nulla. Soprattutto con il nodo parallelo della nomina del capo di quella stessa Procura. Formalmente per quell’incarico non corre il numero uno di Catanzaro, Nicola Gratteri, e l’orientamento del plenum è ormai ristretto a dare l’incarico a Giovanni Melillo o a Federico Cafiero de Rao, ma l’ultima dichiarazione proprio di Gratteri ha lasciato il segno.
Il dibattito – Quando intercettazioni come la telefonata del 2 marzo scorso tra i Renzi padre e figlio sulla vicenda Consip vengono sottratte al segreto istruttorio, solo due possono essere i responsabili: i pm o la polizia giudiziaria. Se a “passare le carte” è però quest’ultima – dice Gratteri – è difficile che i magistrati siano in assoluto disaccordo. Con la sacralità del riferimento a Falcone, dunque, Sergio Mattarella sveglia il plenum di cui il Capo dello Stato formalmente è anche il presidente. Una Procura che lavora con prove che non sempre reggono al confronto degli atti incontrovertibili con cui Falcone la spuntò al primo difficilissimo maxiprocesso a Cosa Nostra è una questione che insomma il Csm non può ignorare. Il magistrato ucciso a Capaci – ha detto Mattarella – “aveva ben presente, e a cuore, il valore dell’autonomia e dell’indipendenza della Magistratura. Anche per questo, come scriveva, era attentissimo, per la credibilità dello Stato e della magistratura, alla consistenza degli elementi di prova raccolti. Non a caso, diceva che occorre distinguere un’ipotesi di lavoro da elementi che sorreggano l’esercizio dell’azione penale. Questo scrupolo conferiva alle sue inchieste grande solidità nella verifica dibattimentale”.
Insegnamento – Nel suo intervento Mattarella ha toccato anche altri tasti, onorando – lui che è fratello di una vittima di mafia, il fratello Piersanti – anche la moglie di Falcone Francesca Morvillo e i tre uomini della scorta assassinati con loro. E il primo di questi tasti è che per Falcone la mafia non era invincibile. Anzi! Secondo il magistrato diventato la bandiera della lotta ai clan, cosa nostra “si può vincere non pretendendo l’eroismo da inermi cittadini, ma impegnando tutte le forze migliori della società”. Oltre all’omaggio di Mattarella, Falcone ha ricevuto anche un altro importante riconoscimento, questa volta dall’Onu. L’Assemblea generale, il 19 giugno prossimo, ricorderà infatti la figura del nostro giudice, in una sessione dedicata al rafforzamento del contrasto alla criminalità organizzata transnazionale.