Francescani con i soldi degli italiani. Beppe Grillo, con la sua dichiarazione, ha irritato il Vaticano, con il segretario di Stato, Pietro Parolin, che ha chiesto di non tirare in ballo questi aspetti. E soprattutto il comico genovese si è intestato qualcosa che, dati alla mano, non rispecchia propriamente la realtà. Per carità, i parlamentari del Movimento 5 Stelle meritoriamente restituiscono parte degli stipendi e hanno contribuito a tagliare alcuni sprechi. Ma d’altra parte, nel pieno delle loro prerogative, usano i rimborsi spese per finanziare l’attività, come si può leggere dal portale Ti rendo conto?, in cui i pentastellati pubblicano come spendono e quanto restituiscono dei soldi spettanti tra indennità e rimborsi spese. Basta sfogliare i loro consuntivi per scoprire come non abbiano sposato in pieno il voto di povertà. Perché per promuovere le loro iniziative politiche fanno ricorso, in maniera legittima sia chiaro, ai soldi messi a disposizione dalle Camere di appartenenza.
Finanziamento – Luigi Di Maio, vicepresidente della Camera e probabile candidato alla presidenza del Consiglio, ha sì restituito 22mila euro di indennità, secondo quanto chiesto dai vertici del M5S. Ma il leader in pectore ha speso nel 2016 quasi 80mila euro, in media circa 6mila e 500 euro al mese, sotto la voce rimborsi spese. Con un saldo di 58mila euro. E 42mila e 500 euro sono stati impiegati per tutte le attività politiche portate avanti dall’esponente pentastellato. Sul suo bilancio da francescano pesano vari capitoli: dalla spese logistiche ai costi sostenuti per l’organizzazione di eventi.
Gli altri big – Alessandro Di Battista, altro volto noto del Movimento 5 Stelle, ha ottenuto rimborsi spese simili: in tutto il 2016 la cifra è di 81mila euro. In questo caso, però, la ripartizione è diversa: tra le spese del deputato c’è una consulenza legale di 1092 euro mensili, che si somma al pagamento di altre consulenze variabili nel corso dell’anno. Per quanto riguarda l’attività sul territorio, perciò, la somma usata è inferiore rispetto a Di Maio: non arriva infatti nemmeno a 13mila euro all’anno. Poco più di mille euro al mese. La parte di indennità restituita ammonta, anche in questo caso, a oltre 21mila euro. Roberto Fico, presidente della Commissione Vigilanza Rai ritenuto il punto di riferimento degli ortodossi del Movimento, ha però speso più di Dibba e Di Maio: il conto totale del 2016 è infatti di 90mila euro. Ad aprile c’è stato un picco con lo sforamento di 10mila euro di rimborsi per far fronte a una serie di spese. E questo è solo per i personaggi più noti, ma il trend è quello. Insomma, tutto legittimo e trasparente, come hanno sempre sostenuto i pentastellati: i dati sono a disposizione di tutti. Ma nemmeno è pensabile evocare lo spirito francescano. Sia perché Grillo non sta lasciando un Cantico delle creature e sia perché la politica non viene fatta senza spendere soldi pubblici.