Nella giornata di ieri la prima “picconata” al Rosatellum, il testo base della legge elettorale depositato mercoledì sera dal Pd, è arrivata da Pier Luigi Bersani. L’ex segretario del partito di Largo del Nazareno, oggi leader di Movimento democratico e progressista, ha affidato il suo pensiero a Facebook. Andandoci giù pesante. “Questa proposta non c’entra un bel nulla con il Mattarellum – ha chiarito subito Bersani –. Qui si allude non certo alla coalizione ma piuttosto a confuse accozzaglie a fini elettorali fra forze che il giorno dopo riprendono la loro strada. Qui peraltro non si garantisce la governabilità, si lede la rappresentanza e si abbonda nei nominati”. Insomma, “se ci fosse senso di responsabilità si sentirebbe l’esigenza di presentare agli italiani ormai insofferenti un sistema che avesse già dimostrato di funzionare”, ha spiegato ancora l’ex ministro dello Sviluppo economico: “Il Mattarellum davvero, oppure il tedesco, oppure il francese, oppure lo spagnolo o il portoghese o l’inglese. Qualcosa che esista insomma. Basta con le invenzioni ad usum delphini”. Parole che di fatto chiudono la porta a qualsiasi (seppur minima) ipotesi di alleanza fra Mdp e Pd, paventata mercoledì dal capogruppo dem a Montecitorio Ettore Rosato.
Caccia aperta – Insomma, per farla breve, dopo l’Italicum-bis presentato dal presidente della commissione Affari costituzionali della Camera, Andrea Mazziotti, e ritirato dopo appena cinque giorni, anche il testo depositato dal nuovo relatore Emanuele Fiano rischia di avere vita breve. Ieri lo stesso Mazziotti ha fatto notare come, se è vero che il Rosatellum piace di più della sua proposta, “bisogna vedere se ha i numeri al Senato, se ci saranno i voti di Forza Italia e Alternativa popolare”, il partito di Angelino Alfano (contrario). Ma il deputato di Civici e Innovatori ha messo in luce anche un altro aspetto da non sottovalutare: “Questa legge affida alle segreterie del partito la scelta di tutti i candidati, cosa che a me va anche bene, ma magari sui voti segreti non tiene. Quindi, al Senato non basta la maggioranza di 160, bisogna puntare a 190” per far passare la legge. Numeri difficilmente raggiungibili, pallottoliere alla mano, considerato il fatto che i partiti che al momento si sono detti favorevoli all’impianto – Pd, verdiniani, Lega e Autonomie – arrivano a 141 senatori. Cioè 20 in meno rispetto alla maggioranza di 161.
Il calendario – Ma oltre al problema dei numeri c’è pure quello dei tempi. Ieri è stata accolta la richiesta di FI, M5S e Mdp (i primi due favorevoli a un proporzionale e non al mix maggioritario-proporzionale del Rosatellum) di far slittare l’approdo del testo in Aula alla Camera: il nuovo D-Day è il 5 giugno, con l’impegno di approvare il testo entro fine mese. “Lo slittamento – ha spiegato il bersaniano Alfredo D’Attorre – è conseguenza della decisione del Pd di bocciare il testo Mazziotti e presentare un nuovo testo base”. Anche per Fratelli d’Italia è inutile correre. “O c’è una dichiarazione di Renzi o Gentiloni che parlano della possibilità di votare a ottobre o non ha senso correre”, le parole di Ignazio La Russa: “Meglio approfondire il nuovo testo”. Così è stato.