Il grande elogio italiano a Emmanuel Macron non ha portato grandi risultati. Il presidente francese, il giorno dopo il suo insediamento, non è andato per il sottile: ha nominato il primo ministro, Edouard Philippe (sindaco di Le Havre), e ha deciso di volare in Germania per incontrare la cancelliera Angela Merkel, ancora gongolante per il trionfo delle elezioni in Nord Reno-Westfalia. Il suo progetto è chiaro: riportare Parigi all’altezza di Berlino come importanza nell’Unione europea, ricostruendo il vecchio asse che sotto la presidenza di Hollande si è incrinato. Perché i tedeschi hanno preso il sopravvento sui francesi privi di una leadership forte, che aveva perso smalto dopo poche settimane. Una cartolina che arriva a Roma, dove però i destinatari non sembrano aver ben compreso la portata del cambiamento.
L’Italia, infatti, ricopre il ruolo di sempre: marginale. Anzi diventa quasi un peso per i padroni del vapore europeo, visto che la situazione continua a essere difficile con il debito pubblico che ha sfondato un altro tetto e il Pil che cresce a rilento. E le stime per il futuro non consentono di dormire sonni tranquilli, visto che – tanto per non farsi mancare nulla – la legge elettorale potrebbe consegnare un sistema difficile da governare. Insomma, Matteo Renzi, grande sostenitore di Macron, è uscito a mani vuote: deve accontentarsi di Barack Obama. Certo, il presidente del Consiglio in carica è Paolo Gentiloni. Ma anche a Parigi sarà arrivata la notizia che l’Esecutivo di Roma ha un premier ombra, che ambisce a imitare il modello dell’Emmanul d’Oltralpe. Mentre quello originale, appena assunto l’incarico di presidente, ha iniziato a fare gli interessi del suo Paese. Così come – nel mezzo dell’euforia per la vittoria di Macron – avevano sottolineato gli osservatori più avveduti.