La carica dei 1.292 funzionari, tra prefetti, viceprefetti e viceprefetti aggiunti. Di questi, 355 sono in servizio a livello centrale. Una casta fatta di privilegi. Ma a cosa servono?

di Stefano Sansonetti

Viene in mente la storia del portiere, del sostituto portiere e del vicesostituto portiere. Un po’ quello che raccontava Luciano De Crescenzo in «Così parlò Bellavista», nella doppia versione del libro e della sua trasposizione cinematografica. Dalle parti del ministero dell’interno sta andando in scena una rappresentazione simile, al centro della quale c’è una categoria che definire “casta” potrebbe anche risultare riduttivo. Eh sì, perché nel Belpaese in questo preciso istante si contano circa 1.300 prefetti. Una cifra a dir poco elevata, soprattutto a livello centrale. In base alle piante organiche aggiornate al 31 marzo scorso, che il Viminale ha fornito su sollecitazione de La Notizia, la situazione è come minimo affollata. Innanzitutto ci sono 147 prefetti, di cui 42 in sede centrale e 105 in sede periferica. A questi si aggiungono 712 viceprefetti, di cui 222 al centro e 490 in periferia. Per non parlare dei 413 viceprefetti aggiunti (su una dotazione organica addirittura di 852 unità), di cui 91 in sede centrale e 322 in periferia. Infine, all’interno dei prefetti veri e propri, si deve considerare anche una ventina di profili coinvolti nelle gestioni commissariali. Insomma, contando solo quelli in servizio abbiamo la bellezza di 1.292 soggetti inquadrati nella funzione dei “prefettizi”. E qui la categoria è piuttosto pignola, visto che tende a considerare come autentici prefetti solo i 147 di cui sopra. Ma tutti i 1.292, non c’è dubbio, fanno parte di una carriera costellata di privilegi e sicurezze che, al giorno d’oggi, hanno poco senso.

Una pioggia di funzionari

Gli stessi prefetti, del resto, ammettono che troppe cose non vanno. Per esempio, considerando tutte le categorie della carriera, viene fuori che in sede centrale ci sono 355 funzionari prefettizi. A che servono? “Non c’è dubbio, la loro presenza andrebbe drasticamente diminuita”, spiega a La Notizia il prefetto Claudio Palomba, capo del sindacato di categoria Sinpref. “Il punto è che in questo momento bisognerebbe puntare sulla presenza dei funzionari in periferia, proprio perché è fondamentale fare un discorso di presidio del territorio”. Sta di fatto che ormai sono sempre più numerosi gli osservatori secondo i quali questa “ipertrofia” di prefetti al centro non ha veramente più ragione d’essere. Chissà, magari il discorso potrebbe essere ripreso in mano dal nuovo ministro dell’interno, Angelino Alfano, dopo che al Viminale c’è stata per un anno e mezzo Anna Maria Cancellieri, che di mestiere fa proprio il prefetto.

La farsa delle promozioni
Altra questione, piuttosto inquietante, è quella delle promozioni. Queste vengono decise a livello centrale da una Commissione consultiva di cui fanno parte alcuni capi di dipartimento. “Così com’è questo organo non serve a nulla”, incalza Palomba che ha depositato decine di documenti per chiedere che venga cancellata. In uno di questi il prefetto sostiene che la Commissione “fin dalla sua istituzione si limita a redigere una lista (in ordine alfabetico!) di funzionari da proporre per la nomina a prefetto, senza alcuna reale valutazione dell’esperienza e dei profili professionali dei nominabili”. Più avanti il medesimo documento di denuncia auspica per il futuro “scelte basate esclusivamente sul merito e sui percorsi professionali, e non già sull’appartenenza a cordate”. Certo, oggi la situazione non restituisce un bel segnale a proposito di chi rappresenta lo stato sul territorio ed è responsabile della sicurezza.

Lauti stipendi
Ma quanto prendono i “prefettizi”? Si va da un minimo di 2.5oo euro netti al mese per chi entra come viceprefetto fino ai 6 mila netti al mese dei prefetti delle città più importanti. Ma al top del top, con stipendi ancora più alti, ci sono i capi dei dipartimenti, tutti rigorosamente prefetti. Sono loro che tengono le redini del Viminale. Oggi sono Angela Pria (capo dipartimento libertà civili e immigrazione), Alessandro Pansa (capo dipartimento affari interni e territoriali), Luciana Lamorgese (capo dipartimento politiche del personale), Francesco Paolo Tronca (capo dipartimento dei Vigili del Fuoco). A questi si aggiunge il dipartimento pubblica sicurezza, che governa la Polizia di stato, fino a poco tempo fa retto da Antonio Manganelli, scomparso di recente. Per la sua successione si fanno i nomi di tre prefetti, anche se provenienti dai ranghi della Polizia, come Franco Gabrielli, Alessandro Marangoni e Alessandro Pansa. La partita verrà decisa a breve dai nuovi vertici del ministero.

@SSansonetti