di Nicoletta Appignani
Sim card per riciclare denaro. È possibile e neanche troppo complicato. Le sim card – quei rettangolini plastificati che si inseriscono nel cellulare e che consentono la chiamata – sono per la maggior parte schede prepagate. Quindi basterebbe ricaricarle con soldi contanti provenienti da affari illeciti e poi cessare il contratto, chiedendo la restituzione del credito residuo con l’apposito modulo. Dopodiché si può attendere comodamente l’assegno o il bonifico sul proprio conto bancario. Et voilà: ecco i soldi “puliti”.
Il metodo
E allora proviamo a vedere come funziona. La prima a essere contattata è la Tim. La gentilissima operatrice riferisce che tramite i servizi lottomatica posso caricare sulla mia sim un massimo di 200 euro alla volta, mentre utilizzando il bancomat posso arrivare a 255 euro. Però, se mi serve una disponibilità maggiore, posso ovviare al vincolo imposto effettuando più di una ricarica, non essendoci un limite per il numero di operazioni né un tetto massimo di soldi all’interno del “conto”. E se poi recedo dal contratto? “Nessun problema” mi tranquillizza “basta compilare il modulo e noi le restituiremo la somma. Così come previsto dal decreto Bersani”.
La stessa storia vale anche per Vodafone: l’operatrice spiega che non esiste un tetto massimo di soldi all’interno del conto e che la somma verrà completamente restituita qualora si volesse disdire il contratto. Ad eccezione – e questo lo specificano tutti i gestori – dei soldi maturati con i vari bonus, come le autoricariche.
È quindi la volta della Tre. Stesse identiche risposte. Nessun limite di denaro versato sulla sim e soldi restituiti alla recessione dal contratto.
L’unica che fa eccezione è la Wind: l’operatrice, infatti, riferisce che sul conto si può avere una disponibilità massima di 1500 euro. Non un centesimo di più. Questo perchè sarebbe un problema per l’eventuale restituzione? “No – risponde – si tratta di problemi tecnici”.
Il mercato nero delle sim
Basta fare un salto sui forum on-line per rendersene conto: sono moltissime le persone che vendono sim già attive specificando che non c’è bisogno di cambio anagrafico e che non è richiesto alcun documento. C’è addirittura chi le pubblicizza definendole “ottime per amanti, fidanzati o per chi vuole tutta la privacy necessaria”. Ma chi è che la vuole, questa privacy? Generalmente chi non ambisce ad essere intercettato. Quindi, a parte i casi di infedeltà coniugale, qualcuno ricorre a queste schede per evitare “problematiche” ben più spinose: gli inquirenti. Così, ecco che tra i compratori troviamo al primo posto mafiosi, ‘ndranghetisti, camorristi e criminali, che non a caso vengono sempre trovati in possesso di svariate schede telefoniche, ovviamente attribuite ad altre persone, generalmente all’oscuro di essere i felici intestatari di una sim card usata per gestire traffici criminali.
La possibilità del riciclaggio però si pone quando le schede telefoniche sono intestate a prestanome, quelli che possono essere utili per il recupero del denaro. Basta comprare qualche sim di diversi gestori, ricaricarle più volte e poi cessare i contratti.
I controlli
Un sistema di monitoraggio esiste.
Se le aziende si rendono conto di qualche traffico sospetto sulle sim avvertono immediatamente le autorità giudiziarie che poi valutano il caso. Si tratta di situazioni complesse però, perché un gestore telefonico non può riuscire a capire se una somma superiore alla norma sia caricata per qualche motivo particolare, come viaggi all’estero. E quindi spetta poi alle autorità valutare il singolo caso. Nel frattempo però è certo che il metodo esista e che sia sfruttabile. Se qualcuno ne stia approfittando, per il momento, non è dato saperlo.