Se non è un classico esempio di schizofrenia politica poco ci manca. Il tanto atteso quanto contestato disegno di legge sulla legittima difesa, approvato giovedì dalla Camera tra le proteste di Lega Nord e Fratelli d’Italia, è già figlio di nessuno. Anzi, per usare un’immagine a tema, tutti hanno cominciato a sparargli addosso. A cominciare dal nuovo-vecchio segretario del Partito democratico, Matteo Renzi. Il quale, annusata la puzza di bruciato sul possibile effetto boomerang del provvedimento ai fini elettorali, ha fatto sapere che sì, effettivamente così com’è scritta questa legge “è un pasticcio”. “Capisco le sue considerazioni – ha detto l’ex presidente del Consiglio rispondendo a una delle critiche raccolte sulla sua app, Bob –. Inviterò i senatori a valutare di correggere la legge nella parte in cui risulta meno chiara e logica, visto che io per primo ho avuto molti dubbi”. In realtà, il destino del provvedimento appare già segnato.
Complici i numeri “ballerini” della maggioranza a Palazzo Madama, il rischio che venga affossato è altissimo. Anche perché gli scissionisti dem di Articolo 1-Movimento democratico e progressista, determinanti al Senato, dopo aver votato contro il ddl a Montecitorio ieri hanno chiarito qual è la loro posizione.
Bersaniani contro – “Articolo 1-Mdp non voterà il disegno di legge sulla legittima difesa approvato alla Camera neppure al Senato”, ha spiegato la capogruppo Maria Cecilia Guerra. Semplice e preciso. “Difendersi da un’aggressione è legittimo – ha aggiunto la senatrice ex Pd –, e infatti le norme del nostro codice penale garantiscono già il diritto a difendersi in tutti i casi in cui vi sia anche solo il pericolo di essere aggrediti, si usi una arma legittimamente detenuta e si agisca anche per tutelare i beni propri o altrui. Non è rendendo più incerti e pasticciati i confini fra legittima difesa e licenza di uccidere che si affronta il problema della sicurezza. Affidarsi al fai da te non è la soluzione”. Ma sempre ieri, contro la versione del testo uscita dalla Camera, è intervenuto anche Pietro Grasso. “Diciamo meno male che c’è il Senato, se dobbiamo intervenire su questo tema – ha detto il numero uno di Palazzo Madama –. Staremo a vedere le proposte di ulteriori modifiche”. Così ora il Pd pensa a come poter correre ai ripari. “La percezione di quello che è uscito è completamente stravolta”, ha ammesso il deputato David Ermini: “Non servirebbe togliere la parola ‘notte’, ma se è l’elemento per cui si deve fare una campagna elettorale contro, allora la togliamo”.
Che confusione – Per il presidente dell’Associazione nazionale magistrati (Anm), Eugenio Albamonte, però, si tratta di un intervento “che non serviva” e che “è anche un po’ confuso”. Il legislatore, ha affermato Albamonte, “non deve assecondare gli umori” della società e dovrebbe “desistere dal mettere mano a questa normativa”. In particolare, lo stato di grave turbamento di cui parla la nuova normativa “porrà dei problemi applicativi: è una categoria giuridica che non esisteva fino a poco fa” e quindi “metterà alla prova i giudici”. Insomma, una bocciatura su tutta la linea. All’attacco è tornato anche il segretario del Carroccio, Matteo Salvini, che ha preannunciato l’intenzione di raccogliere le firme per un referendum nel caso in cui “questa schifezza” diventasse legge.