La fase politica è magmatica, densa di incertezze. Ma allo stesso tempo sembra essere il brodo di coltura più favorevole per riposizionamenti e ambizioni varie. Certo, bisogna prima aspettare l’esito delle elezioni francesi, che in un modo o nell’altro eserciteranno la loro influenza. Ma non c’è dubbio che in questo momento, in Italia, alcuni profili si stanno muovendo per provare a fare il grande salto. L’obiettivo grosso, naturalmente, è palazzo Chigi, che comunque sarà messo “in palio” al più tardi nel 2018. La composizione degli “ambiziosi”, naturalmente, varia a seconda del contesto di riferimento. Si svilupperà una situazione da larghe intese? Oppure sarà la volta buona per una prova di governo a 5 stelle? Nessuno può dire con precisione cosa potrà accadere da qui a un anno. Ma è proprio nell’incertezza che fioriscono operazioni più o meno sottotraccia. Il più esposto, non fosse altro che per la precedente esperienza, è ovviamente Matteo Renzi. Il quale è ripartito proprio dalle primarie del Pd per provare a riscalare palazzo Chigi, magari stavolta con quell’investitura popolare che è mancata nel febbraio del 2014. Renzi ha in tasca il successo nella prova interna ai Dem, come è ormai pacificamente ammesso da tutti gli osservatori.
Variabili – Il punto è semmai capire se si rivelerà una semplice vittoria di Pirro, cioè non accompagnata dal rientro in pompa magna ai piani alti del Governo. Renzi, una volta archiviate a suo favore le primarie, confida in un esito elettorale da “larghe intese”, all’interno del quale il Pd possa fungere da perno. Ma questo sviluppo è tutt’altro che scontato. E qui entra in gioco un altro profilo che, complice la difficoltà di decifrare la situazione, si sta giocando alla grande la sua partita. Parliamo del ministro dello Sviluppo economico, Carlo Calenda. Il quale ormai mette bocca si qualsiasi cosa pur di consolidare la sua ascesa, soprattutto in termini di visibilità. Dal tetto ai compensi in Rai, che lo vede fermamente contrario, al piano di salvataggio di Alitalia, Calenda è intervenuto su tutte le questioni più spinose. Anche al costo di consumare una sorta di “parricidio politico”, con le ormai famose critiche nei confronti di Luca Cordero di Montezemolo, suo mentore ai tempi di Confindustria, per la fallimentare gestione della ex compagnia di bandiera. Ma Calenda è molto attento anche a coltivare rapporti con i grossi gruppi internazionali.
Le mosse – Per esempio Walgreens Boot Alliance, il colosso a stelle e strisce che sta aspettando l’apertura della farmacie italiane alle società di capitali per provare a fare il colpo grosso in Italia (ma bisogna aspettare l’approvazione definitiva del ddl Concorrenza). Anche Calenda, che non per niente cerca sponde in Forza Italia, potrebbe essere un candidato nel caso si delineassero larghe intese tra Pd e azzurri. Altro profilo che proprio nelle ultime 48 ore è assurto agli onori della cronaca è quello di Raffaele Cantone, all’epoca letteralmente invocato da Renzi a capo dell’Anticorruzione. Del magistrato adesso si parla a proposito dell’“incidente” a seguito del quale il Governo, salvo una precipitosa retromarcia, gli ha tagliato alcuni rilevanti poteri previsti dal Codice appalti. Qualcuno ha anche pensato a un avviso di sfratto a Cantone, magari propiziato da quelle aree renziane che adesso vedono nel magistrato un possibile concorrente. Di sicuro in questi anni il capo dell’Anticorruzione si è accreditato parecchio anche all’estero. In pochi hanno notato, per esempio, l’incontro del 9 marzo scorso a villa Wolkonsky con l’ambasciatrice inglese Jill Morris, in teoria per parlare di antiriciclaggio. Un candidato sicuramente da larghe intese potrebbe essere il ministro delle infrastrutture Graziano Delrio, non per nulla già evocato dopo la sconfitta al referendum subita da Renzi il 4 dicembre 2016. Grande amico di Matteo ai tempi dell’Anci (con Renzi sindaco di Firenze e Delrio di Reggio Emilia), i rapporti si sono poi un po’ diradati. Ma è chiaro che quella del ministro è una figura percepita come più moderata e meno divisiva nel caso in cui l’ex Rottamatore non dovesse farcela.
Accreditamento – Poi naturalmente c’è la cavalcata grillina, all’interno della quale Luigi Di Maio continua a profilarsi come candidato di Governo. Lo stesso Di Maio che, in tempi più recenti, ha sferrato un pesantissimo attacco a Renzi denunciando alla procura di Napoli presunte corruzioni dietro al salvataggio de L’Unità ad opera dell’imprenditore Massimo Pessina. Nella strategia va anche considerato l’avvicinamento dei 5 Stelle all’establishment, plasticamente dimostrato dall’intervista rilasciata qualche giorno fa da Beppe Grillo all’Avvenire, il quotidiano dei vescovi.
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