Una torta di 34 milioni e mezzo in meno di tre anni su cui non si saprà nulla. O quasi. Resta poco trasparente, infatti, l’assegnazione degli appalti per la gestione dei servizi nei Centri di permanenza per i rimpatri (Cpr), il nuovo nome dato ai vecchi Cie (Centri di identificazione e di espulsione), che gestiscono l’ultima parte dell’accoglienza dei migranti sbarcati in Italia. Sì, perché la riforma voluta dal ministro dell’Interno, Marco Minniti, non ha portato alcuna innovazione in materia di chiarezza: ancora oggi non esiste una lista delle organizzazioni che gestiscono queste strutture. E, consultando il sito del Viminale, si scopre che l’ultimo aggiornamento sul tema risale al 28 luglio 2015. Il problema è che spesso gli appalti vengono decisi in fase di emergenza, visto che l’arrivo dei migranti aumenta o diminuisce in base alle stagioni. “È un sistema molto opaco. C’è una geometria variabile sull’assegnazione degli appalti. Si agisce in contesti diversi, dove ci sono particolari emergenze, create pure perché non c’è un’adeguata pianificazione degli interventi. E per questo poi si finisce a giustificare anche gli affidamenti diretti”, ha detto a La Notizia il deputato di Sinistra italiana-Possibile, Andrea Maestri, che ha anche presentato un’interrogazione parlamentare per chiedere chiarimenti al ministero. “Ho il sospetto che il mancato aggiornamento di due anni del sito del ministero non sia proprio un caso”, ha aggiunto.
Le cifre – I soldi stanziati per la gestione dei Centri di permanenza per i rimpatri sono tanti. Per il 2017 è stato autorizzato un esborso di 3 milioni e 843mila euro. L’investimento per il 2018 è ancora più importante, in previsione di un incremento degli sbarchi: sul tavolo sono pronti 12 milioni e 404 mila euro. Infine, per il 2019 è in cantiere una spesa di 18 milioni e 220mila euro. “Ma non viene purtroppo specificato l’affidamento dei servizi all’interno dei nuovi Cpr. Non si conoscono quindi né i soggetti che hanno in gestione questi centri, né i fondi che ricevono per il servizio che svolgono”, ha denunciato Maestri nel documento depositato alla Camera.
Niente risposte – E dire che anche la Commissione straordinaria per la tutela e la promozione dei diritti umani del Senato, aveva annotato come “negli ultimi anni per effettuare le gare d’appalto per l’affidamento della gestione dei centri, si è provveduto con la modalità a ribasso e ciò inevitabilmente comporta un abbassamento della qualità dei servizi forniti ai trattenuti”. Per questo aveva chiesto una riduzione delle diseguaglianze. Certo, in linea teorica, il Viminale ha predisposto alcune attenzioni particolari per i centri di nuova istituzione: ha programmato una scelta tra strutture di proprietà pubblica, per cui sono già previsti adeguamenti e le ristrutturazioni necessarie, con l’intento di garantire condizioni di trattenimento nel pieno rispetto della dignità della persona. Ma senza l’adeguata trasparenza è difficile avere pure strumenti di controllo.