Era attesa l’approvazione di tutti gli otto decreti attuativi e così è stato. Ora la Buona scuola bis è realtà. Adesso la Legge 107, arricchita degli otto decreti del governo, è pronta ad intraprendere l’iter per la promulgazione: passaggio alle Finanze, firma del Presidente della Repubblica e iscrizione nel Gazzettino ufficiale.
Soddisfatto in conferenza stampa il premier Paolo Gentiloni, che in un breve intervento introduttivo ha definito la riforma “una notevole iniezione di qualità nella nostra scuola”, aggiungendo che “il governo può rivendicare di aver completato nei tempi prefissati il lavoro sulla Buona scuola avviato due anni fa”. Gli fa eco la ministra dell’Istruzione, Valeria Fedeli: “L’ampio confronto è servito a migliorare i testi, che qualificano ulteriormente il sistema di istruzione nel nostro Paese. Adesso siamo in condizioni di costruire il Testo unico per la scuola, che è altrettanto necessario”, riferendosi all’unica delega non approvata a gennaio e che sarà prossimamente oggetto di un disegno di legge.
I contenuti della riforma – Numerosi i temi oggetto di riforma: esami, assunzioni, infanzia, disabilità. Ma ci sono anche 30 milioni sul diritto allo studio per le borse degli iscritti agli ultimi due anni delle superiori (erano dieci, i restanti venti saranno sottratti al fondo della Buona scuola). Quindi, voucher per libri di testo e mobilità. Niente tasse – poco meno di 50 euro l’anno – per gli studenti di quarta e quinta superiore (in seconda e in prima erano già esonerati, i contributi restano solo in terza). La Carta dello studente viene estesa ad Accademie e conservatori. E poi la promozione della cultura umanistica e le scuole italiane all’estero (Made in Italy e “sei anni più sei” per i docenti migrati). Revisionati dal 2018 i percorsi delle scuole professionali: nascono biennio e triennio unico superando il “due bienni più uno”; gli indirizzi passano da 6 a 11, rafforzate le attività di laboratorio. Per il 2017-2018 sono certe ventimila assunzioni di docenti: il Miur ne chiede altre ventimila, il Mef ne concederà metà.
Sostegno, la riforma più contestata – La maggioranza parlamentare ha provato a far entrare nel testo finale alcune considerazioni avanzate dalle associazioni, critiche con il primo disegno del governo. La delega sulla disabilità ora prevede “un sostegno potenziato” e 90mila insegnanti fissi. Nuove assunzioni solo di fronte a pensionamenti e “in deroga”. Confermato il numero massimo di 20 alunni se in una classe c’è un disabile. Il sostegno entra nell’autovalutazione delle scuole. Gli uffici scolastici decideranno il numero di bidelli (Ata) da assumere, tenendo conto delle presenze di alunni con disabilità: saranno loro infatti a doverli accompagnare in bagno. Ne consegue che le scelte tra il personale Ata si faranno anche in base al genere: uno studente disabile maschio avrà bisogno di un bidello maschio e viceversa.
Le critiche – Dura, però, la posizione degli studenti. In un comunicato l’Unione degli Universitari ha fatto sapere che “rispetto ai testi partenza sono state effettuate poche modifiche e quelle poche sono timide o assolutamente non risolutive”. Giammarco Manfreda, Coordinatore Nazionale della Rete degli Studenti Medi, ha manifestato il proprio sconcerto visto il “comportamento perpetrato anche questa volta da parte delle istituzioni. Il Ministero non ha avuto un reale interesse nel costruire il completamento di una riforma lacunosa e fortemente discussa insieme alle rappresentanze studentesche e alla totalità dei soggetti che compongono il mondo della scuola”. Proprio come nel processo di approvazione della Buona Scuola, continua l’Udu, “i momenti di confronto sono stati insufficienti e sostanzialmente inutili nella risoluzione delle diverse problematicità che i testi dei decreti esprimevano. Come studenti siamo stanchi di Governi che dicono di tenere alle sorti della scuola pubblica ma che non investono realmente in maniera mirata su questioni fondamentali come la reale effettività del diritto allo studio per tutte e per tutti, una riforma complessiva della valutazione e della didattica. Siamo stanchi di subire e non essere ascoltati nei processi di riforma del sistema scolastico del nostro Paese”.
Ciò che più penalizzerà coloro che si sono laureati in questi ultimi anni, in assenza di un terzo ciclo di Tfa, secondo le associazioni studentesche, è però la fase transitoria: “La necessità di assorbire il precariato non viene affatto bilanciata con le esigenze di chi deve ancora avere la possibilità di entrare nel mondo del lavoro. La scelta di riservare per diversi anni i posti ad alcune categorie renderà impossibile inserirsi nel nuovo sistema a migliaia di giovani”.