La bufera sul Governo, con i venti di crisi, si è trasformata giusto in uno spiffero arrivato nelle stanze di Palazzo Chigi. Che ha però prodotto il risultato, per certi versi miracoloso, di aver infastidito addirittura il mite Paolo Gentiloni. Il presidente del Consiglio, sinora leale nei confronti di Matteo Renzi, ha accolto come un tradimento la grancassa che ha accompagnato l’elezione di Salvatore Torrisi alla presidenza della commissione Affari costituzionali al Senato. I toni sguaiati di Matteo Orfini e Lorenzo Guerini, sono apparsi fuori luogo anche a molti compagni di partito. Il reggente del Pd e l’ex vicesegretario sono diventati più renziani di Renzi. E molti parlamentari dem hanno chiesto nei colloqui privati un abbassamento dei toni.
Sgarbo ai presidenti – In particolare l’annuncio di una salita al Colle è stato visto come un eccesso verbale, sconfinato in uno sgarbo istituzionale nei confronti del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Tanto che il giorno dopo lo stesso Renzi ha raccomandato di evitare riti da vecchia politica come quelli delle “crisi di Governo”, buoni per animare qualche giornata alla Camera o al Senato. Ma senza effetti concreti. Anche perché il leader di Alternativa popolare, Angelino Alfano, ha subito annunciato il provvedimento di espulsione di Torrisi dal partito. L’ipotesi di un disegno per il ritorno al voto è quindi durata il tempo di mezza serata. “Non è accaduto niente di grave, è stato solo un incidente parlamentare. Come era stato per l’elezione di Matteoli alla presidenza della commissione Lavori pubblici”, ha spiegato a La Notizia un parlamentare del Pd, di area renziana. Insomma, niente elezioni in autunno. Peraltro sarebbe difficile spiegare in giro che l’Esecutivo è caduto per l’elezione di un presidente di commissione. Ossia sulla spartizione di qualche poltrona: un assist perfetto alla propaganda dei 5 Stelle. Eppure la conseguenza di questo caos si vedrà nelle prossime settimane: Gentiloni ha vissuto con stupore l’ingigantimento di un passaggio che, peraltro, non inficia davvero il cammino della legge elettorale. Se c’è un accordo politico, infatti, un presidente di commissione, come nel caso di Torrisi, non ha grandi poteri per intervenire. Il presidente del Consiglio non vuole aprire fronti polemici con dichiarazioni ufficiali. Ma i sostenitori di Andrea Orlando e Michele Emiliano al congresso hanno fatto sentire la loro voce: Palazzo Chigi deve muoversi con maggiore autonomia nei provvedimenti da realizzare fino a fine legislatura. A cominciare dalla manovra correttiva.
Verdiniani alla finestra – L’incidente al Senato ha ridato un po’ di fiato a Denis Verdini, che nelle ultime settimane era finito ai margini del dibattito politico. Ma l’operazione non è passata inosservata: gli alfaniani traballano e potrebbero servire rinforzi alla maggioranza a Palazzo Madama. In quel caso l’Alleanza liberalpopolare-Autonomie potrebbe trovare il riscatto: ottenendo il riconoscimento di Governo negato da Gentiloni durante la formazione della compagine ministeriale.