Com’è inevitabile, alla fine i nodi – volenti o nolenti – vengono sempre al pettine. E per il Movimento Cinque Stelle di Beppe Grillo i nodi pare proprio non siano pochi. Perché se è indubitabile che ci sono in giro per l’Italia esempi virtuosi di amministrazione M5S, è altrettanto vero che non sono pochi i casi che rivelano profonde spaccature all’interno tra attivisti, portavoce, parlamentari e consiglieri, che non possono essere derubricati a semplici dissidi interni. Prima della battaglia giudiziaria di Genova, uno dei casi più clamorosi è certamente quello di Palermo, dove da una parte abbiamo i deputati Riccardo Nuti, Giulia Di Vita e Claudia Mannino, indagati per la storia delle firme false alle scorse comunali del 2012, dall’altra il fronte che fa capo all’attuale consigliere regionale Giancarlo Cancelleri e all’attuale candidato sindaco a Palermo, Ugo Forello. Al di là degl sviluppi giudiziari (due giorni fa i deputati M5S sono stati interrogati su loro richiesta), la vicenda è indice di una profonda spaccatura interna, dovuta – dicono i ben informati – a una guerra fratricida in vista delle regionali. Elezioni che Cancelleri vedrebbe come trampolino di lancio per il ruolo di Presidente di Regione. E allora meglio limitare la “concorrenza interna” dell’area nutiana. Non è un caso che, prima che scoppiasse l’inchiesta, la quasi-certa candidata M5S a Palermo sarebbe dovuta essere Samantha Busalacchi, poi finita con l’essere indagata. E a quel punto è stato facile per Forello – secondo molti “uomo” di fiducia di Cancelleri – vincere le comunarie.
Grana emiliana – Quel che a molti suona strano è che, nel frattempo, Grillo poco ha detto e poco ha fatto sulla grana Palermo. Quasi come non volesse troppo tirar la corda, stretto tra i due fuochi Nuti e Cancelleri. Si è semplicemente limitato a sospendere lo stesso Nuti e la Mannino. Dopodiché il silenzio. Esattamente com’è calato il silenzio su Bologna. Anche qui tutto nascerebbe da una storia di firme false, dietro la quale – ancora una volta – ci sarebbe una ragione ben più profonda. Un’altra guerra interna. Non è un caso che la grana emiliana – per cui sono indagati quattro attivisti, tra cui il vicepresidente del consiglio comunale Marco Piazza – sia scoppiata proprio in seguito a un esposto presentato da due ex militanti grillini. Insomma, sintomi di una “guerra” che si protrae da tempo, già da quando l’attivista Lorenzo Andraghetti si candidò come sfidante di Massimo Bugani, da sempre uomo legato a doppio filo a Grillo, alle primarie M5S per il sindaco di Bologna e per questo espulso dal Movimento 5 Stelle. “Bugani ha dato l’ordine, Casaleggio ha eseguito. Mi è arrivata la mail: sono stato espulso”, così commentò lo stesso Andraghetti.
Sotto il Cupolone – C’è, poi, la “questione Capitale”. Mai definizione fu più azzeccata. Negli ultimi mesi attivisti e portavoce M5S si sono divisi sul nome di Virginia Raggi, sulle sue scelte (da Salvatore Romeo a Raffaele Marra), sulla questione polizze e su mille gaffes specie nelle scelte dei nomi per la sua giunta. Basti pensare alle tante dimissioni degli ex assessori, scelti peraltro direttamente dalla Raggi. Ultimo caso, quello di Paolo Berdini, a capo di un asssessorato fondamentale come quello dell’Urbanistica. Insomma, non è un segreto che anche sotto il Cupolone la forte divisione, tra i fronti che fanno capo uno alla Raggi e uno a Roberta Lombardi, sia ancora tutta in piedi. “È solo questione di tempo – ci dice un attivista capitolino – ora Beppe Grillo e Di Maio stanno tentando di tenere tutto sotto traccia, ma i malumori ci sono e non sono pochi”. La tesi di molti, insomma, è che la bomba a 5 Stelle tornerà ad esplodere. Quando? “Non appena arriverà il rinvio a giudizio per Virginia”, si dice con insistenza tra gli attivisti. E, a quanto pare, è solo questione di tempo.