Dubbi di trasparenza nelle nomine. Una governance confusa. E anche l’ombra del possibile commissariamento della fondazione chiamata a gestire l’evento. Matera capitale della Cultura europea 2019 non si appresta a partire con il piede giusto. Ma il ministero dei Beni culturali e del Turismo (Mibact), guidato da Dario Franceschini, si è limitato a fare spallucce, sostenendo che il Governo non ha potere di parola perché non c’è una società partecipata con rappresentanti negli organismi decisionali.
Scaricabarile – Certo, ufficialmente la palla è nel campo della fondazione, della Regione Basilicata e del Comune di Matera. Ma Palazzo Chigi ha stanziato qualcosa come 28 milioni di euro, compresi gli 11 destinati direttamente al budget della Fondazione. Somma a cui va aggiunta la deroga concessa al Comune per consentire la possibilità di spendere di più per l’acquisto di beni e servizi e per l’assunzione di personale. Scavalcando quindi il principio di contenimento della spesa. Oltre all’investimento economico, c’è quello di immagine: il presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni, ha parlato di Matera come città simbolo, seguendo l’onda di Matteo Renzi. L’ex premier ha addirittura detto che “il 2019 sarà una straordinaria occasione per il territorio, forse perfino più di Expo”.
Per questo è sorprendente che il ministero di Franceschini risponda di non poter intervenire. La questione è stata sottoposta al ministro Franceschini da un’interpellanza del Movimento 5 Stelle alla Camera, presentata dalla deputata Mirella Liuzzi. Sotto la lente di ingrandimento sono state messe le nomine del manager amministrativo, Giuseppe Romaniello, e di quello culturale della fondazione, Ariane Bieou, arrivate senza la pubblicazione di una graduatoria ufficiale. Il motivo? “Non potevano essere pubblicate per non incorrere in casi di violazione della privacy a danno dei partecipanti”, hanno spiegato dalla fondazione. La presidente Aurelia Sole ha riferito che per prenderne visione sarebbe bastata la richiesta di “accesso agli atti”. Una modalità che non ha convinto affatto i pentastellati. Ma non solo. “Il cambio di management ha portato confusione e disordine sul piano dell’attuazione degli interventi per Matera 2019”, ha incalzato Liuzzi.
Stop – L’immobilismo è stato denunciato pure dalla “Giuria di monitoraggio e controllo” che già a ottobre aveva espresso “preoccupazioni rispetto alla governance”. E mentre il Mibact non rileva problemi nella gestione economica, il presidente della fondazione, Pietro Verri, ha ammesso che l’attività è andata avanti con solo un milione e 800mila euro e al 40% delle potenzialità per la mancanza delle delibere. In questo clima, l’ipotesi di un commissariamento della fondazione non è più fantascienza: c’è chi lo chiede addirittura apertamente, come il senatore di Conservatori e riformisti, Salvatore Di Maggio. La soluzione sarebbe sottoposta a una seria valutazione, che finirebbe per tirare in ballo per forza il ministero di Franceschini. Con un problema ulteriore: risolvere una situazione molto complicata in poco tempo, meno di due anni. Perché nel 2019 la città lucana sarà investita del titolo di capitale della Cultura europea. Sperando di farsi trovare pronta. “Se la città non avrà consolidato nessun tipo di offerta culturale faremo una figuraccia internazionale eclatante”, ha chiosato Liuzzi sulla questione.