di Fausto Cirillo
Amarsi e dirsi subito addio. Sembra questo l’epilogo dei rapporti intercorsi tra Silvio Berlusconi e il gran rottamatore democratico Matteo Renzi. E’ bastato infatti che il primo si candidasse apertamente a presiedere la Convenzione per Riforme (novello Sarchiapone della politica italiana) perché il secondo saltasse su a stoppare le sue ambizioni, nemmeno fosse un Franco Marini qualunque. Il sindaco di Firenze, che considera l’inaspettata premiership di Enrico Letta una temibile insidia alle sue ambizioni, ha voluto aggiungere una chiara e inequivocabile sfaccettatura antiberlusconiana al suo profilo politico. Troppe volte era stato infatti accusato di eccessiva condiscendenza con l’acerrimo nemico degli ex-post-neo comunisti, pagando in casa propria il conto salato della diffidenza e dell’ostracismo.
A esser maliziosi, nelle sue ultime dichiarazioni di giornata («Ora non esageriamo. Non possiamo trasformare Berlusconi in un padre costituente: sarebbe un errore gravissimo») si scorge l’ombra inconfondibile di uno spin doctor interessato come Massimo D’Alema. Dopo essersi obbligato al bacio della pantofola nell’ufficio del sindaco di Firenze, il vecchio leader democratico vorrebbe adesso consumare la sua vendetta contro il principale responsabile del fallimento della Commissione bicamerale: quel tentativo avanzato di riforme istituzionali che aveva presieduto fino al 27 maggio 1998, quando proprio il Cavaliere decise di rovesciare il tavolo delle difficili trattative.Al fianco di Renzi si è subito schierato anche un suo ex avversario interno come Stefano Fassina. Il neo viceministro dell’Economia ha infatti osservato che «serve una figura in grado di dare garanzie a tutte le forze politiche rappresentate in Parlamento e temo che il senatore Berlusconi non sia tra questi». L’ex presidente della Camera Luciano Violante ha invece ricordato come la Convenzione dovrebbe essere «il luogo della responsabilità. Le Commissioni precedenti non hanno avuto esiti positivi perché danneggiate dalle tensioni politiche quotidiane. Perciò è opportuno che questa sia fuori dal Parlamento». E proprio mentre faceva capolino nelle agenzie la proposta bizzarra del deputato Pd Dario Ginefra – per il quale a presiedere la Convenzione dovrebbe essere addirittura Giorgio Napolitano – lo stato maggiore del Pdl rispondeva compatto alla provocazione renziana. «La presidenza deve essere attribuita a un’autorevole personalità del centrodestra anche perché tutte le cariche di rilievo politico-istituzionale sono state ricoperte da esponenti della sinistra» ha affermato Fabrizio Cicchitto. «Il Pd sbaglia a porre pregiudiziali. Proseguiamo piuttosto con spirito collaborativo e andiamo al merito delle questioni» ha aggiunto il vicepresidente del Senato Maurizio Gasparri. Silvio Berlusconi preferisce mantenere la consegna del silenzio ma ai suoi avrebbe confidato tutte le sue perplessità di fronte all’atteggiamento del Pd. Non riesco a capire questi veti, sono inconcepibili, in ogni caso se non dovessi essere io, la guida della Convenzione spetta ad un esponente di spicco del centrodestra, sarebbe stato il ragionamento fatto dall’ex premier.
Le chiameranno pure larghe intese ma non lasciano certo ben sperare.