Per descrivere l’Inferno del Nord serve un’immagine: il pavé sporco di fango e avvolto da un cielo plumbeo, mentre la pioggia scende copiosa, inondando le divise dei ciclisti, abbracciati da una nebbiolina tutt’altro che affettuosa. Mentre loro in bicicletta sono protagonisti di qualcosa che più di ogni altra richiama lo spirito epico. Così la strada gonfia i muscoli di fatica, sulle strade del Giro delle Fiandre arriva un muro. Non c’è altro modo per definire una strada inerpicata con pendenze che superano il 20%.
Nelle gambe serve la forza dei nervi e della testa per superare quei lastroni, “le pietre”, che sembrano un masso attaccato alla bici tanto da rallentare l’andatura. E i massi sono tanti, decine, ma disseminati in forma di pavé. E come se non bastasse in agguato c’è il Nemico Numero Uno dell’Inferno del Nord: la foratura. Perché essere i più forti non basta: come nella vita è necessaria la fortuna, o comunque l’assenza di sfortuna. Un buchetto nella ruota può compromettere qualsiasi ambizione. Anche quella del favorito numero uno. Ancora di più alla Parigi-Roubaix, altro stendardo dell’Inferno del Nord, che il calendario propone nella seconda domenica di aprile.
Il primo appuntamento, come vuole la tradizione, è infatti al Giro delle Fiandre, la Ronde van Vlaanderen, che alla fatica del pavé unisce quella dei muri. Salite secche, a volte lunghe poche centinaia di metri, con i lastroni a renderle ancora più impervie. Là i campioni cercano di aggrapparsi, schiacciare i pedali per allontanare dalle proprie ruote i rivali. E in questo 2017 ritorna anche il fascino della tradizione: sul percorso è stato introdotto anche il Grammont, uno dei muri che hanno fatto la storia della corsa. Su quelle strade si sono imposti campioni da leggenda, come Fiorenzo Magni, Eddy Merckx. E già basta per evitare una noiosa elencazione di miti passati. Anche perché, il mito vero è la corsa, l’Inferno del Nord tra muri e pavé al Fiandre e le lunghe scavallate sulle pianure della Parigi-Roubaix, dove le “pietre” sono talmente sconnesse che non hanno bisogno neppure di un metro in salita per fare la differenza.
E sì, una presentazione degna di nota chiederebbe anche la necessità di parlare dei favoriti, di chi parte con il peso del pronostico sulla spalle, come un fardello ulteriore sulla strada lastricata – mai come in questo caso – di fatica da superare. Da mettere alle spalle per raggiungere il traguardo, facendo finta nell’Inferno del Nord che almeno per una volta nel ciclismo non conti la posizione. Perciò è superfluo citare Peter Sagan e Greg Van Avermaet. Meglio pensare a come sopravvivere a una giornata come quella che si para davanti, leggendo il percorso e scrutando il cielo grigio sopra la testa.