di Monica Setta
C’è stato un tempo in cui aveva qualche kg di troppo, indossava pantaloni larghi, spartani e portava i capelli tirati a coda. Aveva mani grandi e nervose che facevano ridere ancor prima delle sue battute, pungenti, incisive. Perfette. A quell’epoca- potrebbe essere una vita prima di incontrare il suo attuale marito Luca Bonaccorsi-Maria Giuseppina Cucciari, classe 1973 da Macomer (Nuoro) era un talento comico naturale e soprattutto un modello femminile di preziosissima autoironia. Ma, a pensarci bene già allora Geppi faceva la parte della single in cerca di marito, si prendeva in giro con qualche tratto di sincero maldipancia perchè forse lei, fin da subito, avrebbe voluto una famiglia del Mulino bianco o comunque un posto nella società dei coniugati. Guardandola in tv al concertone del Primo maggio su Raitre, fra Elio e le storie tese, Max Gazzè, Federico Zampaglione, Daniele Silvestri e Vinicio Capossela, mi ha fatto tristezza vederla agitare quelle stesse mani ora laccate rosso rubino, il rossetto ton sur ton, il giubbotto di pelle stretto in vita a simulare una fisicità che nessuna dieta dimagrante potrà regalarle. Non è stata debole come conduttrice (lì ha fatto come sempre bene) non ha immiserito il suo “elevato standing” solo perché ogni tanto guardava o leggeva la scaletta, può capitare in tante ore di diretta un vuoto di memoria, che vuoi che sia. La cosa più penosa era la trasformazione della Cucciari in “ bellona” della tv, vestiti alla moda, accessori griffati, gesticolare borghese: dietro di lei ti immaginavi un camerino tipo Domenica in – fiori, frutta e bijoux – uno stuolo di assistenti al programma e lei, che fra un blocco e l’altro, correva a baciare il consorte Luca, peraltro firma in testa del concertone. Che cosa poi ci abbia trovato Geppi in questo bel tenebroso, educatissimo e statuario nei suoi completi regimental, la barba fitta da intellettuale e l’ambizione – messa in evidenza dalle performances del salotto flop di Cristina Parodi sulla 7- di fare l’anchorman, è un gran mistero. Viene alla mente che a rovinare la nostra Maria Giuseppina siano state le copertine patinate e photoshoppate di “A”, l’amicizia con Alessia Marcuzzi cementata sulla comune esigenza di avere una pancia piatta, perfino la pubblicità del bifidus e ovviamente il preserale G-day che le ha dato, sbagliando, i galloni della conduttrice quando lei, lo sappiamo, ha i tempi comici ma non quelli della conduzione.
Insomma, pur non condividendo le critiche professionali della Rete ( per me lei resta bravissima ) anche io sono rimasta delusa dalla metamorfosi della mia eroina di Zelig in una rotonda signora borghese della tv generalista. E ho pensato che la fragilità femminile, quel non sentirsi mai compiutamente bella, se non hai le spalle larghe e un pò di sano spirito rivoluzionario, può giocare scherzi pessimi anche alle migliori di noi. Guarda Daria Bignardi che dopo anni di vestitini striminziti e grigi, scarpette basse e polpaccio poco sexy, ha infilato il tacco 12 e da quel momento è stata tutta un’altra donna. Ha fatto pazzie ignorate in gioventù come regalare un cane a Mario Monti, ballare con Victoria Cabello o intervistare una trans che discuteva di lifting proprio là nella selva oscura dove non batte il sole. È che dopo i 40 quelle che hanno fatto le radical chic vietandosi tutto impazziscono e corrono a recuperare le scollature perdute o ad acciuffare un marito, qualunque sia pur di avere la fede luccicante al dito. E poco male se per i figli è troppo tardi, basta poter invitare a cena le amiche di cui sopra, cominciando la frase con l’ambitissimo “noi” ( io e Luca avremmo piacere di avervi da noi per un light dinner, siete liberi sabato?).
Insomma, a vedere come finiscono le conservatrici in vecchiaia, viene voglia di rivalutare le rivoluzionarie che si sono spogliate da giovani. Almeno ora non possono far danni, non resta loro altra opzione se non…. quella di rivestirsi.