Dopo l’Olanda, anche la Germania, la Danimarca e in parte la Francia mettono i paletti alla Turchia. Così la crisi diplomatica con Ankara rischia di non riguardare più soltanto un Paese in piena campagna elettorale con il premier uscente Mark Rutte in crisi di consenso e bisognoso di dare una sterzata. Per tutta risposta il presidente turco, Recep Tayyip Erdogan, ha alzato il tiro: “L’Occidente ha mostrato in modo chiaro e in un paio di giorni il proprio vero volto”, sostenendo che è arrivata una “lampante dimostrazione di islamofobia”. Il premier Binali Yildirim ha rilanciato quindi le accuse: “È stato trasmesso alle autorità olandesi il messaggio che ci sarà una risposta nei modi più duri. Risponderemo con la stessa moneta a questo comportamento inaccettabile”. Tuttavia, l’Olanda non ha fatto passi indietro: nella giornata di ieri, anzi, sono stati arrestati 12 manifestanti che hanno protestato di fronte al consolato della Turchia.
Anche la Germania ha lanciato un messaggio chiaro, dopo le accuse sollevate da Ankara: “Prima di porre un bando bisogna valutare con molta attenzione. Ma esistono chiari limiti, ad esempio eventuali violazioni del codice penale”, ha affermato il ministro dell’Interno tedesco, Thomas de Maziere. “Quindi chi insulta la Germania o il suo ordine costituzionale deridendolo in modo malizioso può essere perseguito. Quello di certo è un limite”, ha aggiunto l’esponente del governo di Angela Merkel. Parole che giungono come risposta a quelle del ministro degli Esteri turco, Mevlut Cavusoglu, che aveva auspicato una presa di distanza dalla posizione olandese. In Francia, dove è in corso la campagna elettorale per le presidenziali, il candidato Emmanuel Macron si è schierato al fianco di Olanda e Germania: “Il governo turco ha fatto affermazioni inaccettabili, mettendo in discussione in maniera grave i valori europei e i nostri partner più vicini, in particolare la Germania e l’Olanda. Non ci può essere alcuna debolezza di fronte a questi attacchi. Per questo condanno in modo fermo tali provocazioni”. “L’Unione europea deve reagire unita”, ha concluso il grande favorito alla vittoria delle elezioni francesi.
Il referendum in Turchia del 16 aprile
La scintilla che ha fatto esplodere la crisi diplomatica è stato lo stop al comizio proprio di Cavusoglu sul referendum costituzionale in Turchia, in programma il 16 aprile, organizzato in Olanda per cercare di conquistare il consenso dei connazionali all’estero. Per Erdogan si tratta di una partita fondamentale: l’obiettivo è quello di trasformare la democrazia turchia da parlamentare a presidenziale, garantendosi il comando del Paese almeno fino al 2029 senza correre il pericolo di essere accusato di comportamento anticostituzionale.