Tutto come da copione. Ieri è stato il giorno dello scaricabarile sulle responsabilità del tragico crollo del ponte sull’autostrada A14. E sono continuate le strumentalizzazioni politiche sulla tragedia. Come è normale, sic, nel Paese dalla memoria corta qual è l’Italia (l’ultima tragedia simile risale solo all’ottobre scorso quando nel lecchese crollò il cavalcavia di Annone Brianza), ma soprattutto nel Paese delle eterne emergenze che di straordinario ormai non hanno più nulla. E così ci troviamo nel 2017 con un sistema stradale che fa acqua da tutte le parti, che siano strade provinciali o, come in questo caso, autostrade. Che siano al Nord o al Sud (la sicurezza viaria, infatti, è uno dei pochi ambiti in cui non esiste nessun gap col Mezzogiorno).
Ancora una volta, quindi, si assiste al più classico cahier de doléanceas sui fondi che mancano e al rimarcare con forza ciascuno il proprio recinto di competenze, regionali, statali, provinciali, dell’Anas o, nello specifico del cavalcavia sull’A14, della società Autostrade per l’Italia. Quest’ultima, già giovedì, dopo la tragedia, non ha perso tempo nel dichiarare di “sentirsi parte lesa” mentre ieri ha chiesto con urgenza alle aziende che hanno eseguito i lavori una “relazione dettagliata su quanto accaduto”. Sta di fatto che, al di là degli accertamenti che farà la magistratura (si ragiona sull’ipotesi di disastro colposo), per un intervento come quello di sollevamento e riposizionamento del ponte, nell’ambito dell’ampliamento della terza corsia autostradale, il tratto interessato andava chiuso al traffico. E pazienza per gli incassi che sarebbero andati persi. È assurdo, infatti, che la sicurezza dei viaggiatori non sia la massima priorità su tutte le strade e a maggior ragione sull’arteria autostradale che è pure a pagamento. Senza contare, tra l’altro, il danno oltre la beffa di un appuntamento fisso che hanno gli italiani col rincaro dei pedaggi, finalizzato proprio alla manutenzione e al consolidamento della rete. Opere che, a vedere la lunga teoria di incidenti, non sembrano essere state sottoposte a rigidi controlli.
Finto libero mercato – Ma, per dirla tutta, è di sicuro ancora più assurdo che ancora oggi il libero mercato non riesca a trovare un varco e si imbatta nel muro invalicabile delle nostre autostrade, appannaggio solo di qualche ‘eletto’. La rete, su richiesta neanche a farlo apposta dell’Europa, fu data in concessione a pochi fortunati, tra cui in prima fila i Benetton, che adesso tentano di farsi prorogare l’affidamento senza passare da una gara pubblica. Un obiettivo sul quale è schierata una fortissima lobby e che trova ascolto nel Governo. “Mi auguro che l’inchiesta chiarisca le responsabilità. Sappiamo che l’Italia ha bisogno di manutenzione del territorio ma non ricaverei da un singolo episodio valutazioni sul nostro sistema di sicurezza autostradale, che non è coinvolto in senso drammatico”. Così parlò il premier Gentiloni, dopo il vertice Ue.