Nella nota diffusa dalla Rete Lenford si legge: “La disposizione normativa prevede che l’adozione pronunciata dalla competente autorità di un Paese straniero ad istanza di cittadini italiani che dimostrino di avere soggiornato continuativamente nello stesso e di avervi avuto la residenza da almeno due anni, viene riconosciuta ad ogni effetto in Italia purché ‘conforme ai principi della Convezione’ (Convenzione dell’Aja 29 maggio 1993)”.
Nell’esaminare l'”interesse superiore del minore”, il Tribunale fiorentino chiarisce, come ricordato ancora dalla Sangalli, che “deve essere salvaguardato il diritto dei minori a conservare lo status di figlio, riconosciutogli da un atto validamente formato in un altro Paese dell’Unione Europea (preceduto da una lunga, complessa e approfondita procedura di verifica)”. Inoltre, secondo il tribunale di Firenze, “il mancato riconoscimento in Italia del rapporto di filiazione esistente nel Regno Unito, determinerebbe una ‘incertezza giuridicà che influirebbe negativamente sulla definizione dell’identità personale dei minori”. Ed è qui ora che si apre la questione, squisitamente politica. A intervenire, tra i primi, Anna Paola Concia, neo assessora alle relazioni internazionali del comune di Firenze, secondo cui “la sentenza dimostra che quando il Parlamento non legifera su un tema su cui dovrebbe legiferare viene sostituito dai tribunali”. Sulla questione è intervenuto anche il portavoce del Gay Center, Fabrizio Marrazzo. “Ci chiediamo – continua Marrazzo – per quanto tempo ancora i tribunali dovranno sostituirsi al Parlamento: è sempre più urgente una legge sulle adozioni per tutti, anche per i Gay”.