Ciò che è accaduto a Fabiano Antoniani (Dj Fabo) è il segno dell’“arretratezza culturale” dell’Italia. Lo dice senza mezzi termini il Dottor Mario Riccio, l’anestesista che dieci anni fa aiutò Piergiorgio Welby a morire. “Mi auguro che l’Europa ci imponga di prendere in considerazione la questione dell’eutanasia”, aggiunge Riccio a La Notizia.
Il caso di Dj Fabo arriva dopo quelli di Welby, Englaro, Nuvoli, Piludu, Bettamin… Eppure quella legge tanto necessaria è ferma al palo.
L’Italia è l’unico Paese occidentale avanzato che sta ancora decidendo se un paziente può o non può rifiutare parzialmente o totalmente le terapie. Mentre il mondo discute di ben altro, noi continuiamo a vivere in una situazione di arretratezza culturale. Un Medioevo dal quale, prima o poi, mi auguro usciremo. Sa qual è il paradosso?
Qual è? Mi dica.
Paesi come il Canada, l’Olanda, il Belgio, dove l’eutanasia è legale, sono realtà ricche, che non hanno scelto questa via per “liberarsi” dei malati o perché costa troppo trattarli. Al contrario, questi hanno fatto il percorso inverso riconoscendo che in certe condizioni è giusto che lo Stato sostenga situazioni critiche e pesanti come quella di Dj Fabo.
Eppure il 60% degli italiani, dicono i sondaggi, è favorevole alla “dolce morte”. Quindi?
Trattando questo tema ormai da molti anni, posso dirle che la percentuale di cittadini favorevoli all’eutanasia è maggiore del 60%. Recentemente la sensibilità dell’opinione pubblica è maturata: molte persone che potrebbero trovarsi in disaccordo con la decisione presa da Welby o Dj Fabo capiscono che non possono impedire che altri facciano scelte diverse.
Ma allora qual è il problema?
Esiste uno zoccolo duro, una componente culturale, politica e confessionale che ritiene assolutamente necessario combattere una battaglia per impedire che ognuno disponga di se stesso. È un discorso che prescinde dalla diversità di vedute, che pure va benissimo, sia chiaro, ma che cozza con la volontà del paziente.
Il ruolo della Chiesa quanto influisce in questo discorso?
Meno di quanto si possa immaginare. Certo, rimangono le posizioni oltranziste di alcuni prelati, ma all’interno della Chiesa la sensibilità è molto cambiata. Basti pensare alla posizione dello scomparso Cardinal Martini, che non condannava il rifiuto delle terapie, qualunque esse fossero. Lui stesso rifiutò di collegarsi al ventilatore.
Il vuoto normativo rappresenta un “tradimento” nei confronti di Piergiorgio Welby, che per primo ha lanciato un segnale al legislatore?
Senza ombra di dubbio. Fra l’altro, la proposta di legge sul testamento biologico di cui è relatrice Donata Lenzi del Pd, che dovrebbe arrivare in Aula nelle prossime settimane, presenta dei grossi limiti, che rischiano di limitare fino ad annullare la volontà del paziente. Per esempio, nel testo non si parla di sedazione palliativa profonda continua. Si parla invece di una pianificazione delle cure necessariamente da condividere assieme al medico.
Anche la Federazione Nazionale degli Ordini dei medici (Fnomceo) ha delle responsabilità?
Personalmente, credo che la Fnomceo abbia la responsabilità di non aver mai preso una posizione su temi come questo. La classe medica se ne disinteressa, eppure la riguardano: è un grande vuoto, ci si è fatti sfuggire un’occasione permettendo che a parlare fossero altri. Mi piacerebbe che ci fosse uno scatto d’orgoglio. Vedremo.
Alla fine, il rischio è quello di un ennesimo intervento dell’Europa.
Sono un po’ démodé e ho fiducia nell’Europa. Mi auguro che, dopo quanto avvenuto con le unioni civili, l’Ue imponga all’Italia di prendere in considerazione la questione dell’eutanasia. Altrimenti continuerà ad alimentarsi un “turismo sanitario” che già adesso fa registrare numeri importanti.
Twitter: @GiorgioVelardi