Proposte zero – Insomma, sulla proposta politica l’ex premier arranca e “di conseguenza lo fa anche sul piano della comunicazione”, come ha spiegato a La Notizia il massmediologo Michele Sorice, sociologo della Comunicazione alla Luiss, perché “quest’ultima funziona quando appunto si ha qualcosa da comunicare. Durante le primarie Renzi aveva molto da dire, poi una volta al Governo, i fatti da comunicare sono diminuiti. In questa fase, invece, c’è proprio assenza di proposta politica”. Una cosa è certa: del rottamatore che creava e imponeva le parole d’ordine, dal Jobs act alla Buona scuola, al momento non c’è traccia. Siamo di fronte a un Renzi ripiegato su stesso? Sorice preferisce parlare di una “trasformazione in corso”, sulla quale il risultato referendario ha inciso non poco: “Renzi aveva investito moltissimo anche emotivamente sulla sfida del 4 dicembre e, quindi, alla fine ha dovuto incassare pure una sconfitta della sua linea di comunicazione, tutta basata su meccanismi di personalizzazione”. Al netto del fatto che “tale meccanismo populista nel momento in cui raggiunge il suo massimo fulgore arriva anche al capolinea”, secondo lo studioso l’errore commesso dall’ex premier è stato “il tentativo di impiegare nella comunicazione istituzionale lo stesso modello comunicativo delle primarie, fresco e innovativo, tutto basato sul personaggio e le parole d’ordine. Questa scelta è stata fallimentare”. Non che ora, però, il segretario uscente sembri aver abbandonato la sua predilezione per gli slogan e per un certo nuovismo. Tant’è che ha appena parlato di “nuovo welfare”, lanciando il “lavoro di cittadinanza”. Col rischio, tra l’altro, di contraddire in qualche modo la renzianissima riforma del Jobs act. A sentire Sorice, in questo caso la strategia è molto chiara: l’ex segretario dem “ha bisogno di inseguire i Cinque Stelle sul reddito di cittadinanza ma anche di dare una risposta a tutti quegli scontenti che potrebbero seguire i fuoriusciti del Pd. Non a caso, stavolta, personalizza individuando in D’Alema un primo avversario contro cui scagliarsi”.
Eroe solitario – In pratica a quanto pare Renzi non può fare a meno di una narrazione personale: “Deve personalizzare e provare a ergersi quale un eroe solitario che combatte contro una serie di nemici che lui individua nel populismo di Grillo, nelle operazioni di palazzo capeggiate da D’Alema e, poi, nei poteri forti che si oppongono al suo tentativo di rinnovare l’Italia”. Cambia solo il mezzo: adesso è la volta del dario di viaggio o del blog, visto che ne ha appena aperto uno (sempre in scia pentastellata). Ma il motivo è semplice: “Il sogno romantico dell’eroe richiede una narrazione più ampia e soprattutto Renzi ora ha bisogno di raccontare in prima persona”. In sintesi, l’operazione che sta tentando è “quella di accreditarsi come leader popolare che vive una vita normale, anche scimmiottando il M5s”. Ma non è una manovra priva di rischi: “È stato premier per tre anni. Non proprio un outsider”, ha concluso Sorice. Una cosa però è certa: è vero che Matteo guarda al Movimento “ma di Vaffa da lui non c’è da aspettarsene. Quel linguaggio è troppo lontano dal suo elettorato di riferimento”.
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