Siamo fatti così: inquiniamo e poi, quando arriva la condanna, passano anni e anni prima che riusciamo a risolvere il problema, con la conseguenza paradossale che ci ritroviamo a pagare milioni e milioni di euro per i nostri ritardi. Più di 150 per la precisione. Una follia? Certo, ma tragicamente reale. È questa la somma, infatti, che l’Italia ha già versato in parte e dovrà versare a breve. Tutta “colpa” della sentenza di condanna dell’Europa per la non corretta applicazione delle direttive europee su rifiuti, rifiuti pericolosi e discariche. Si tratta di un procedimento avviato addirittura nel 2007 ma, vista la negligenza del nostro Stato, poi giunto a sentenza il 2 dicembre 2014: la Corte in quell’occasione ci ha condannato al pagamento di una sanzione forfettaria di 40 milioni di euro (versata il primo febbraio 2015) e di una penalità semestrale di 200mila euro per ciascuna discarica abusiva contenente rifiuti non pericolosi e di 400mila euro per ciascuna discarica di rifiuti pericolosi che nel tempo si fosse mantenuta. Tutti penserebbero che allora il nostro Paese sia immediatamente corso ai ripari per chiudere in men che non si dica le discariche abusive. Peccato non sia andata proprio così. Se al tempo della condanna le discariche, presenti in 18 Regioni italiane, erano 200, oggi ne restano “in piedi” ancora la metà.
Domande scomode – Ma facciamo un passo indietro. Ieri a chiedere lumi sul tema al ministro Gian Luca Galletti, è stata la pentastellata Claudia Mannino. Nell’interpellanza si parte da un rapido calcolo: “ai 40 milioni (la sanzione forfettaria, ndr) – scrive la Mannino – è seguita una multa di 42,9 milioni e, a luglio 2015, abbiamo pagato 39,8 milioni. Quindi nell’arco di sei mesi abbiamo bonificato, messo in sicurezza o verificato pochissime discariche. A dicembre del 2015 paghiamo ulteriori 33,4 milioni e ad agosto 2016 paghiamo ulteriori 27,8 milioni; per un totale di oltre 141 milioni”. A questo punto la Mannino si chiede, poiché il 2 dicembre 2016 è scaduto il quarto semestre successivo alla sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea, “quale sia – appunto – l’ammontare della quarta multa semestrale […] e quale sia il numero delle discariche ancora non conformi alla sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea del 2 dicembre 2014”.
Conti alla mano – A rispondere ieri in Aula, però, non c’era il ministro Galletti che ha preferito lasciare l’onere al sottosegretario Silvia Velo, che ha esordito sottolineando come le questioni relative alle sanzioni Ue sulle discariche abbiano “rappresentato fin da subito un obiettivo primario per il Governo”. Eppure non si direbbe. Perché dopo la procedura d’infrazione aperta, come detto, nel 2007 poco ha fatto l’Italia e le 200 discariche “attenzionate” sono rimaste non conformi alla direttiva Ue, tanto che, poi, è arrivata la condanna nel 2014. Da allora le discariche irregolari sono scese a 133. E arriviamo al punto: “per la quarta scadenza semestrale del 2 dicembre 2016 – ha detto la Velo – sono state inviate alla Commissione europea 40 certificazioni degli enti territorialmente competenti attestanti la regolarizzazione dei rispettivi 40 siti”. Ma ad oggi, ha continuato la Velo, “ tali certificazioni risultano ancora in istruttoria presso i servizi tecnici della Commissione europea, che ne verificherà l’idoneità. Pertanto, la Commissione non ha ancora notificato l’ingiunzione di pagamento”. Insomma, ancora non è noto a quanto ammonterà la quarta sanzione per il nostro Paese. Tuttavia è inevitabile trarre due conclusioni, a cominciare dal fatto che nella migliore delle ipotesi – e cioè se la Commissione Ue dovesse ritenere conformi tutti i 40 siti – resteranno irregolari ancora 93 discariche (a distanza di dieci anni dall’apertura della procedura d’infrazione). Ma c’è di più: considerando che il calcolo per la sanzione è puramente matematico, basta moltiplicare i 93 siti per le penalità previste. Il conto è immediato: considerando solo 93 e la penalità minima (200mila euro), dovremo pagare ancora minimo 18,6 milioni di euro. Nella peggiore il conto potrebbe salire a oltre 25 milioni. Ed è tutto dire.
Tw: @CarmineGazzanni