Per un Emiliano che decide di restare, tanti bersaniani hanno le valigie pronte nel Pd. Con il presidente della Regione Toscana, Enrico Rossi, e l’ex capogruppo dem alla Camera, Roberto Speranza, chiamati a guidare la nascita del nuovo soggetto politico. Proprio Pier Luigi Bersani ha annunciato il suo formale addio al partito: “Non mi sento di iscrivermi al Pd, non mi interessa partecipare a questo congresso, rimango nel centrosinistra. Non è la ditta, non è il Pd. Si è spostato”, ha affermato.
Bersani ha quindi scaricato le responsabilità della rottura sulle spalle di Matteo Renzi. “Da noi non c’è stato nessuno strappo. Noi abbiamo chiesto una discussione in tempi normali: sostenere Gentiloni fino al 2018, il congresso ai primi d’autunno, dare la precedenza alle amministrative e alla legge elettorale”. L’ex ministro ha attaccato ancora: “Renzi ha fatto una cosa che mai era successa nel Pd, prendere il giochino delle dimissioni da segretario per fare una cosa cotta e mangiata in due mesi. Il mio Pd è il luogo del riformismo e del pluralismo, ma se diventa un partito del capo dove non si discute non può esistere”. Infine l’ammissione: “Dal primo giorno ho capito che con Renzi non mi sarei mai preso”.
La benedizione alla scissione è arrivata pure da Massimo D’Alema, che però ha voluto precisare: “Non è nei miei programmi candidarmi in Parlamento, non credo che me lo chiederanno nemmeno. Non sono mai stato aggrappato alle poltrone”. Quindi l’ex Lider Maximo ha promosso i due frontman della rottura con Renzi: “Rossi è il miglior amministratore che oggi abbiamo e Speranza è un giovane, con meno di 40 anni, che ha la schiena dritta. Il leader credo che lo sceglieremo con le primarie, alle quali non parteciperò”