di Francesco Nardi
Nel Pd si sono così abituati all’idea dello stallo che ora che c’è un governo hanno deciso di riproporlo all’interno del partito.
Con le dimissioni di Rosy Bindi prima, e quelle di Bersani e di tutta la segreteria poi, il partito, dilaniato da una faida senza precedenti, è rimasto senza guida.
Una situazione paradossale e che compromette il funzionamento del movimento fin nelle più semplici delle funzioni. Al punto che si è con molta difficoltà riusciti a salvare la forma in occasione delle ultime consultazioni per il conferimento dell’incarico di governo, quando non si sapeva chi potesse con pieno diritto rappresentare il partito nella delegazione attesa al Quirinale.
La data è mobile
A risolvere il problema dovrà essere l’Assemblea nazionale del partito che, come già avvenne in seguito alle dimissioni dell’allora segretario Walter Veltroni, dovrà trovare una nuova guida che si occupi del movimento fino al congresso previsto in ottobre.
Facile a dirsi, ma in realta complicatissimo nei fatti. La composizione dell’assemblea rispecchia infatti lo stato generale del partito, restituendo perfettamente l’immagine delle profondissime crepe che si sono aperte tra i vari settori del movimento. Lo statuto prevede che l’assemblea può eleggere un nuovo segretario, (l’ultimo venuto fuori con questo metodo fu l’attuale ministro dei Rapporti col Parlamento, Dario Franceschini), ma occorre il voto concorde dei due terzi dei delegati. Condizione che nel contesto attuale appare di complicatissimo esperimento. Mentre le singole fazioni si organizzano, intanto è stato deciso di rimandare l’appuntamento, inizialmente previsto per il 4 maggio, all’11 dello stesso mese. Un rinvio che chiarisce quanto insanabili siano le fratture e conseguentemente quanto sia improbabile l’individuazione di un reggente.
L’assemblea è divisa
L’alternativa che sembra possa esser presa in considerazione è quella della selezione di un direttorio – che in costanza di tale stallo non può non far pensare ai saggi di Napolitano – guidati da un coordinatore. Con mandato ovviamente sempre limitato a “reggere” le sorti del partito fino al congresso. Questa strada sembra in effetti essere più facilmente percorribile perché la composizione dell’eventuale direttorio, rappresentando le varie anime del partito, potrebbe finire per accontentare tutti.
Ma il problema principale è un altro, cioè il nome. Trovare la persona giusta, al di là della difficicle realizzazione di una vasta convergenza – fosse anche per pochi mesi – è tutt’altro che semplice.
Eliminati i piddini approdati al governo e quelli che saranno coinvolti dal giro di nomine per i sottosegretariati, restano pochi papabili. Dando per scontato che non sono interessati alla partita della reggenza tutti quelli che puntano alla corsa congressuale e la schiera sempre più numerosa degli autorottamati.
L’ousider sindacale
Tuttavia una soluzione va trovata e quindi sono in corso grandi manovre per catalizzare le irrequiete anime delle correnti intorno a nomi in qualche modo capaci di rappresentarle.
Le principali carte sul tavolo sono quelle di Guglielmo Epifani e Gianni Cuperlo.
Il primo raccoglie i consensi dei bersaniani (se possono ancora chiamarsi così) più maturi. Mentre l’irrequieta fazione dei giovani turchi è orientata su un nome più “nuovo”, come Gianni Cuperlo.
La candidatura di Epifani, proprio per le sue innegabili possibilità di affermarsi esercita però una pressione trasversale e che ne frena la marcia verso la reggenza del partito. Sullo sfondo ci sono il timore dell’accusa di un appiattimento della linea politica che risulterebbe schiacciata da quella sindacale. E poi pesa sull’ex segretario della Cgil il dato anagrafico, in un momento in cui il rinnovamento giovanilista sembra imprescindibile nel momento delle scelte cruciali.
La verità però è un’altra. A spevantare un po’ tutti è che Epifani possa essere un coordinatore troppo ingombrante e che al momento del congresso la sua “reggenza” possa trasformarsi nel trampolino ideale per rovinare i piani di tutti.
Una preoccupazione che non riguarda solo i giovani, ma anche più navigati e che già mille volte si sono fatti superare all’ultima curva.