L’unica consolazione è la grande attenzione social della direzione del Pd. Oltre un milione di persone ha infatti seguito la diretta sul profilo Facebook del partito. Per il resto, c’è poco da stare sereni: tra i dem tira una brutta aria con la scissione che incombe e i bersaniani che addirittura potrebbero disertare l’Assemblea nazionale. I bizantinismi delle procedure prevedono che la palla passi a questo organismo del partito. L’incontro è in programma domenica a Roma, e – salvo sorprese – asseconderà il desiderio di Matteo Renzi: congresso lampo con l’incoronazione del nuovo segretario già ad aprile. Ma gli appetiti del Rottamatore rischiano di frantumare il partito: la minoranza avrebbe voluto più tempo, anche per provare a organizzarsi nella sfida all’ex presidente del Consiglio, che parte comunque in una posizione di vantaggio.
Stato di allerta – Il primo allarme sulla possibile scissione è arrivato dal ministro della Giustizia, Andrea Orlando, che pure era considerato un alleato di Renzi fino a qualche giorno fa. “Se vedi uno che sta facendo una curva parabolica che lo porta a un frontale, glielo dici di stare attento, no?”, ha detto il Guardasigilli per provare a mettere guardia il segretario. Anche se ha cercato di calmare gli animi dei rappresentanti della sinistra alla ricerca della via di fuga: “Scindersi oggi di fronte ad una destra che è sempre più aggressiva e agita l’odio, credo che sarebbe una responsabilità che non ci potremmo in alcun modo perdonare”. Pier Luigi Bersani ha attaccato: “La scissione è già avvenuta. Qui non è questione di calendario. Il problema è se siamo il Pd o il ‘PdR’”. E ancora: “Io da Renzi non mi aspetto nulla, ma chi ha buonsenso lo metta. Serve buonsenso o sono problemi seri”. Davide Zoggia, deputato bersaniano, ha già messo in guardia: “Al 70% vado via dal partito”. La possibilità di rottura è stata ulteriormente confermata dal presidente della Regione Toscana, Enrico Rossi: “A secondo di come Renzi imposterà il congresso, è possibile che la minoranza non arrivi al congresso stesso”.
Un appello all’unità è arrivato da Gianni Cuperlo, che ha avvertito: “La prima responsabilità nel tenere unito un campo è di chi regge il timone. Non si può dire che la durata del governo non compete al primo partito della maggioranza”. E quindi ha fatto una metafora marinara: “È sempre spiacevole quando ad ammutinarsi è l’equipaggio. Ma va del tutto contro la logica se ad ammutinarsi è il comandante”.