La goccia che “il vaso già colmo al fin fece tracimare” è stata la storia della lista di proscrizione partorita dal leader in pectore, Luigi Di Maio. Una mossa, quella del vicepresidente della Camera, “disperata”. Così la definisce a La Notizia un parlamentare M5S. E già, perché tra deputati e senatori serpeggia tanto malcontento. Più di quello che si potrebbe credere. Un malcontento che parte da Virginia Raggi e arriva dritto dritto a Luigi Di Maio, appunto. “Ha presente la ricostruzione per cui il ‘raggio magico’ fa capo direttamente a Luigi (Di Maio, ndr)? Ecco, è tutto vero”, ci racconta ancora l’onorevole pentastellato. Altro che fandonie, altro che ricostruzioni giornalistiche inventate, insomma. E i primi a saperlo, a quanto pare, sono gli stessi deputati e senatori a Cinque Stelle. Ed è questo il motivo per cui l’ultima uscita di Di Maio pare proprio non sia piaciuta ai colleghi di Camera e Senato. Fuori luogo e soprattutto, dicono, foriera di menzogne, dietro le quali pare proprio che Di Maio non riesca più a nascondersi. Chi lo vede tutti i giorni, d’altronde, parla di un vicepresidente ormai nervoso, corda di violino che comincia, pian piano, a non fidarsi più dei suoi colleghi. Ad eccezione di Beppe Grillo, Alessandro Di Battista e dei vertici del Movimento che ancora lo vedono come indiscusso leader in pectore.
Partita a tre – Ma tra i corridoi di Montecitorio le cose cambiano. E radicalmente. “Ormai Di Maio è un candidato bruciato – dicono a mezza bocca – dispiace, ma da responsabile degli enti locali, è indifendibile”. E il punto è proprio questo: se prima in tanti lo difendevano, ora la fronda a Cinque Stelle sta crescendo ed è sempre più numerosa. Due, ci dicono, i nomi ad oggi di riferimento: Nicola Morra e Roberto Fico. Il secondo più del primo: “Ormai tra di noi lo sappiamo, Fico sta raccogliendo sempre più consenso e questo ha portato anche a frizioni con lo stesso Grillo, che ad esempio gli ha sbarrato la strada per interviste non concordate con la comunicazione interna”. Ed è proprio per queste frizioni che, semmai si dovesse arrivare allo scontro finale, rimane in quota lo stesso Morra, sin da subito “anti-Raggi” (e dunque, gioco forza, anti-Di Maio), ma da sempre nele grazie del guru a Cinque Stelle. “È certamente più televisivo – ci dicono – lui lo sa. Ed è questo il motivo per cui, astutamente, poco si espone su queste beghe, preferendo che siano altri ad esporsi”.
Ordine sparso – Insomma, la situazione interna è tutt’altro che rosea. E anche a voler dar di conto, diventa complicato, viste le dinamiche liquide interne al Movimento. Certo è che a Palazzo Madama in tanti spalleggiano per Morra sui 35 membri che conta il gruppo, mentre alla Camera i 91 deputati complessivi vanno in ordine sparso. Certo è che, da Riccardo Nuti & co. (ormai in rotta di collisione con il vertice M5S per la disparità di trattamento con la Raggi) a Roberta Lombardi per citare soltanto i due nomi più caldi, in tanti vorrebbero la testa della sindaca. Non basta, insomma, nemmeno la sospensione. Ma allora la domanda non può che essere, a ruota, un’altra: e Di Maio? “Se cade la Raggi, non può che cadere anche Luigi”. Insomma, sarà pure leader in pectore. Ma, a quanto pare, bruciatissimo.