Dopo la lettera inviata ieri sera dall’Italia a Bruxelles, lo scontro è ormai inevitabile, con la Commissione europea che sebbene con riluttanza è ormai pronta a commissariare Roma. Anche la decisione finale a Bruxelles non è ancora stata presa, sarà drammatica, tutta politica e arriverà a breve.
Ma facciamo un passo indietro. Nella lettera spedita dal Mef da Pier Carlo Padoan, si legge che “basandosi su stime più realistiche e più ampiamente negative dell’output gap, inserite nel rapporto, la politica di bilancio italiana nel 2017 e programmata per il 2018 e 2019 è completamente rispettosa con il Patto di stabilità e crescita”. Si tratta del Rapporto sui fattori rilevanti che influenzano la dinamica del debito pubblico italiano, alla luce dei quali, a giudizio del ministro Pier Carlo Padoan, “i risultati raggiunti possono essere considerati più che soddisfacenti”. Il Mef lo scrive sul proprio sito a proposito del presunto scarto tra il saldo di bilancio previsto per il 2017 dal governo e il margine ritenuto necessario dalla commissione europea per ridurre progressivamente il debito pubblico.
Una posizione che però non ha convinto Bruxelles. Come scrive oggi Repubblica, “le ultime ore del negoziato di ieri sono state convulse, con la triangolazione tra lo staff del responsabile Ue agli Affari economici, Pierre Moscovici, gli esperti di Pier Carlo Padoan e Palazzo Chigi, dove il premier Paolo Gentiloni ha seguito le trattative sulla stesura delle lettera.” Una dialettica basata su due diversi approcci, con Padoan determinato a dare all’Europa quelle risposte puntuali, misurabili e immediate per evitare la procedura mentre il premier insisteva per essere più evasivo e spostare al Def di metà aprile l’attuazione delle misure, senza mettere in campo una vera manovra bis.
Dopo avere concesso, stirando le regole, 19 miliardi di flessibilità negli ultimi due anni ai quali si sommano altri 7 per il 2017, la Commissione ha chiesto a Roma di rientrare almeno di 3,4 miliardi in modo da salvare le apparenze e invertire la dinamica del debito. Ma il punto è che, con la possibilità di elezioni anticipate, nessuno vuole mettere la firma su una impopolare manovra bis. Renzi in testa.
C’è, insomma, dunque la possibilità che la decisione venga presa ad aprile, con il margine per l’Italia di andare anche al voto. Non a caso, le fonti ufficiali della Commissione ieri non hanno commentato la lettera, giunta in tarda serata, ma prima di leggere il testo definitivo ammonivano che se fosse rimasta ambiguità sui tempi e impatto delle misure, la partita si sarebbe complicata e i margini per salvare Roma si sarebbero ridotti drasticamente. La decisione ora spetta al presidente della Commissione, Jean-Claude Juncker, da sempre impegnato ad aiutare l’Italia.