Dell’Italicum resta poco. Ma c’è una certezza scolpita nella sentenza: si può andare al voto subito, perché la legge che esce dopo il verdetto della Consulta è applicabile senza eventuali ulteriori interventi. La Corte costituzionale ha salvato solo il premio di maggioranza al partito che supera il 40% nell’unico turno, mentre ha cancellato il ballottaggio, uno dei pilastri della legge elettorale voluta da Matteo Renzi. I capilista bloccati sono salvi così come le pluricandidature, ma la scelta finale del candidato sul collegio in cui viene eletto può avvenire tramite sorteggio e non su sua personale indicazione. Insomma, un intervento massiccio che scompagina l’Italicum, ma rende possibile il ritorno alle urne.
Due sistemi – Per quanto riguarda il funzionamento del meccanismo, resta il problema della disomogeneità dei sistemi di Camera, dove c’è l’Italicum modificato, e Senato, per cui vige il proporzionale puro. “Se il Parlamento intende andare al voto con quel che sopravvive dell’Italicum, dovrà affrontare il voto di preferenza. Sarà necessario un intervento del Parlamento per rendere coerenti i due sistemi di Camera e Senato e per consentire la formazione di coalizione”, ha osservato Pino Pisicchio, presidente del gruppo Misto alla Camera ed esperto in materia di legge elettorale. Il Movimento 5 Stelle ha già tracciata la rotta: “Dobbiamo sistemare la sentenza della Consulta per adattarla al Senato: qualsiasi altra legge fatta da questo Parlamento sarebbe una legge contro di noi”, ha detto l’ex componente del direttorio, Alessandro Di Battista. E Beppe Grillo ha già individuato l’obiettivo: “La Corte costituzionale ha tolto il ballottaggio, ma ha lasciato il premio di maggioranza alla lista al 40%. Questo è il nostro obiettivo per poter governare. Ci presenteremo agli elettori come sempre senza fare alleanze con nessuno”.
Braccio di ferro – Forza Italia ha confermato la volontà di portare in Parlamento in confronto: “Il giudizio di oggi non risolve, né avrebbe potuto farlo, la questione centrale che abbiamo di fronte ossia l’armonizzazione dei differenti sistemi elettorali dei due rami del Parlamento”, ha affermato il senatore Altero Matteoli. Resta tuttavia da capire su quale base di confronto. I renziani, infatti, sono pronti ad andare avanti anche con con due leggi elettorali diverse per le due Aule. Il Pd ha già chiara la strategia: o ritorno al Mattarellum o si torna al voto con quello che c’è. “Abbiamo due leggi omogenee che creano dui sistemi proporzionali con preferenze e con soglie di sbarramento anche se una ha il premio e l’altra no” , ha dichiarato il capogruppo del Pd alla Camera, Ettore Rosato. Quindi “see non c’è il Mattarellum, ci sono i consultellum”, ha chiosato il dirigente dem. E dalla minoranza del Pd è arrivato una precisa richiesta: “La via maestra da seguire è una sola, come ci ha indicato in più occasioni il Presidente Mattarella: approvare in tempi rapidi una legge elettorale omogenea e coerente tra Camera e Senato”, ha affermato il senatore bersaniano, Federico Fornaro. Chi invece ha fretta di tornare alle urne è la Lega. “Legge elettorale subito applicabile. Non ci sono più scuse: parola agli italiani!”, ha commentato il leader del Carroccio, Matteo Salvini.
La sentenza – Nel dettaglio la Corte “ha rigettato la questione di costituzionalità relativa alla previsione del premio di maggioranza al primo turno, sollevata dal Tribunale di Genova, e ha invece accolto le questioni, sollevate dai Tribunali di Torino, Perugia, Trieste e Genova, relative al turno di ballottaggio, dichiarando l’illegittimità costituzionale delle disposizioni che lo prevedono”, ha spiegato il comunicato. “Ha inoltre accolto la questione, sollevata dagli stessi Tribunali, relativa alla disposizione che consentiva al capolista eletto in più collegi di scegliere a sua discrezione il proprio collegio d’elezione”, hanno evidenziato gli ermellini, ribadendo che “all’esito della sentenza, la legge elettorale è suscettibile di immediata applicazione”. Le motivazioni della sentenza sono attese entro un mese.