Quattordici gennaio. Una data da incorniciare, almeno secondo la neo ministra all’Istruzione Valeria Fedeli, che sul sito del Miur esultava parlando dell’approvazione della “parte più innovativa della legge”. Il riferimento è alla riforma della Buona Scuola e, nella fattispecie, alla parte relativa alla cosiddetta “inclusione sociale”. E, d’altronde, a leggere la scheda istituzionale, non c’è che dire: “Semplificazione e snellimento delle pratiche burocratiche, maggiore continuità didattica e formazione del personale docente e della comunità scolastica, costruzione di un progetto di vita che coinvolgerà più attori della società che collaborano in rete”. Tutto per includere nelle dinamiche scolastiche gli alunni disabili.
Caos infinito – Bene. Applausi. Standing ovation. Peccato, però, che come spesso accade non è tutto ora quello che luccica. Ed è questo il motivo per cui le associazioni che si occupano di disabilità hanno bocciato pesantemente quanto pensato e fatto dal Governo. “Questa è una riforma pasticciata – attacca Salvatore Nocera, della Fish (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap) – ci stiamo lavorando da un anno e mezzo e ora il Governo, senza averci prima inviato alcuna bozza, pubblica un decreto tutto da rifare”. Le ragioni – ahinoi – sono innumerevoli. “I componenti della commissione che deve accertare la disabilità dei bambini e ragazzi – ci spiega ancora Nocera – non convince, dato che è previsto ci siano solo docenti, ma mancano i componenti delle famiglie dei disabili”. Una mancanza non di poco conto. Ma non è l’unica. Accanto alla commissione, infatti, oggi sono previsti anche “Gruppi di Lavoro” fondamentali, dato che sono loro, in concreto, a chiedere i fondi, scuola per scuola, all’Ufficio scolastico regionale. “Il Governo – spiega a La Notizia Salvatore Nocera – li ha aboliti e li ha riformati, senza però prevedere i rappresentanti delle associazioni e delle famiglie, e i rappresentanti degli enti locali. Come si possono chiedere fondi senza sapere la disponibilità concreta degli enti locali?”. Ma le pecche abbondano. Già, perché nella fretta il Governo non si è accorto che ha cancellato un intero articolo (il n. 15 della legge 104, la norma capitale nell’inclusione sociale). Peccato però che in quell’articolo siano previsti anche sottogruppi che prevedono l’assegnazione dei fondi per classe, a seconda del numero dei disabili in ognuna. Un vuoto che, a detta di associazioni e docenti, creerà un vulnus di non poco conto.
Classi pollaio – Finita qui? No, purtroppo. Il caos, infatti, regna sovrano. E così il Governo sbadato ha anche alterato il numero massimo di alunni nel caso in cui in classe ci sia un disabile. “Prima si stabiliva che la classe non poteva avere più di 20 alunni, in via eccezionale 22. Oggi, invece, non c’è più uno specifico limite massimo, col rischio che si legittimano classi pollaio, anche in presenza di disabili”. Insomma, quel che potrebbe determinare questa riforma è un mare magnum dove gli unici a pagare saranno gli alunni.
Rubinetti chiusi – Anzi, sono. Perché il caos totale su commissioni e fondi si aggiunge a una situazione già oggi di per sé disperata. Parliamo dei finanziamenti regionali per l’assistenza e il trasporto dei disabili. Dopo la riforma Delrio, infatti, con la legge di stabilità del 2015, spiegano ancora le associazioni, si era stabilito che le competenze che prima spettavano alle Province ora passassero alle Regioni. Peccato, però, che “la legge non dispone nulla sulle risorse e così le Regioni sono costrette a raschiare il barile per far fronte all’assistenza e ai trasporti dei disabili”. Il risultato? Già oggi in numerose realtà mancano i fondi. Clamoroso il caso siciliano, dove alcune mamme hanno protestato perché sono costrette ad andare a scuola nell’orario di ricreazione anche per portare i propri figli al bagno. E nel resto d’Italia? “Stessa situazione – commenta sconsolato Nocera – i finanziamenti basteranno al massimo per arrivare a febbraio”. Dopodiché è la nebbia più totale.
Tw: @CarmineGazzanni